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UMBERTO MARIA GIARDINI «I Talent? Immondizia e i personaggi che esaltano tali produzioni televisive mi irritano»

Premessa per chi si appresta a leggere questa intervista: non ci sono concetti sfumati o mezze frasi o cose dette ma non in maniera esplicita. Umberto Maria Giardini è estremamente diretto, non si nasconde dietro al moralismo e la sua analisi – soprattutto sull’Italia, soffermatevi con attenzione – arriva all’interlocutore vera e spietata. Ma nel mezzo anche un nuovo disco da registrare, la polemica di qualche mese fa con J-Ax e l’addio a David Bowie.

La prima cosa che voglio chiederti è sul nuovo materiale che registrerai a maggio. Hai già in mano delle idee (canzoni?) in grado di definire una direzione precisa? 

«Non sono sicuro che registrerò il nuovo album a maggio, l’operazione potrebbe essere rimandata in autunno tutto questo per il semplice motivo che ho bisogno di allontanarmi un po’ dalle scene. Suonare in tour con la produzione al completo mi piace tantissimo, ma avrò anche bisogno di tornare in “solo” e di fare brevi performance chitarra e voce in piccole location. E’ un presupposto che mi manca moltissimo e che dopo l’esperienza Moltheni non ho più praticato avendo lasciato la chitarra acustica per dedicarmi all’elettrica. Presto quindi, pur imbracciando sempre lo strumento elettrico, potrei di nuovo regalarmi occasioni del genere e di conseguenza posticipare i rec del nuovo album».

I live del 2016 serviranno per provare dal vivo anche qualche nuova idea o canzone?

«Può darsi, dipende molto da quante date ancora faremo. Credo che ci fermeremo in marzo, quindi non giurerei che ci sarà tempo per definire e poi regalare brani nuovi agli affezionati, durante i live di questo fine tour. Testare nuovi pezzi dal vivo è sempre molto curioso, divertente, ma si rischia anche di interpretarli diversamente da come poi dovranno realmente essere. Questo a mio avviso li penalizza».

Oggi che il consumo della musica è molto veloce, perché stare a sbattersi con l’idea di un disco? E’ solo un modo per poter accedere al circuito dei live oppure credi abbia ancora un significato lavorare su un’insieme di brani?

«Quello che la vita odierna e i suoi presupposti di mercato propongono a me non interessa. Non mi ha mai interessato un granché ciò che non penso prima io. Non trovo nessuna genialità (soprattutto nel mondo discografico italiano), sia nelle proposte che nelle metodologie che vengono di tanto in tanto suggerite dagli addetti ai lavori. Lavorare in modo classico e un po’ all’antica dà soddisfazioni che molti non possono nemmeno immaginare. Amo follemente avere a che fare con chi la pensa come me, ritengo quindi fondamentale scrivere sulla carta con una penna, strimpellare a casa sopra il letto, provare con i miei musicisti in sala prove ad alti volumi e poi registrare in studio con il mio produttore al fianco. Tutte cose necessarie ed imprescindibili di cui non potrò mai fare a meno. E’ sicuramente un mio limite, ma mi piace».

Di recente hai pubblicato su Facebook l’immagine di una statua che sanguinava dal naso e la didascalia: “Questa è l’Italia oggi”. E’ davvero un momento così brutto? Nonostante la politica ci trasmetta stimoli rivolti all’ottimismo?

«E’ un periodo terribile dove tutto fa schifo. La società fa schifo, il mondo del lavoro fa schifo, la musica ad esempio nel nostro Paese ha in sé sempre più le caratteristiche di frivolezza, perché è esattamente come la società stessa, come i giovani e come coloro che li pilotano. Linguaggi sciocchi, tutto fast, tutto superficiale senza alcuna ricercatezza né eleganza. Tutto è fasullo, le trasmissioni in tv, i personaggi dello spettacolo, i politici, i giornali, la comunicazione, chiunque è pronto a darti una fregatura o a farti credere ciò che non è, anche perché l’opinione pubblica poi ci crede. Tutti sono diventati giudici di tutto, ma nessuno è in grado di dare una risposta vera e autentica a qualcosa. L’Italia è un Paese di “fanfarolli”, ha perso oramai tutta la sua sincerità, tutto il suo splendore. Occorreranno molte generazioni per recuperare ciò che è andato perso anche nell’aspetto della morale e dell’etica. Ovviamente non bisogna guardare al futuro in maniera pessimistica, ma questa è l’attuale situazione. Quando un Paese non ha più soldi, diventa così, e oggi l’Italia è così: falsamente non bigotta, senza spina dorsale, vestita a nuovo ma che dentro puzza».

In passato, in una nostra intervista dicesti questo: “…non sono io che racconto bene l’amore, sono la maggior parte dei musicisti italiani che non lo sanno fare, tutto qua”. Sei ancora della stessa idea e in che misura le varie sfumature dell’amore hanno condizionato o condizionano la tua musica? Nel senso: l’amore per te è una buona benzina per scrivere musica oppure sono altri sentimenti o stati d’animo che accendono l’ispirazione?

«L’amore e il bene hanno sempre influenzato la mia mente, l’hanno sempre trascinata in territori in cui tutto diventa più semplice. Mi considero una persona molto caritatevole che ad esempio considera oggi la pietà un sentimento nobile e da coltivare, da percorrere, sempre. La mia musica ne ha appunto sempre tratto vantaggi, sia nella fase di scrittura che nell’interpretazione nei live. Tuttavia (sarei un ipocrita a negarlo) ho sempre considerato necessari anche altri aspetti dei sentimenti umani, come l’onestà legata al rigore, all’autenticità, come la severità che non necessariamente è sinonimo né di violenza né di cattiveria. Oggi il nostro Paese avrebbe bisogno di severità, soprattutto ai piani alti, verso la classe dirigente che ha infognato la vita della povera gente e di coloro che vivono male, come i disoccupati e gli anziani. In fondo non sono di certo l’unico musicista che racconta bene l’amore, traduco il sentimento semplicemente a modo mio, e in maniera diversa. Pochi ne sono capaci, basta ascoltare tutti i giovani cantautori della nuova generazione, figli degli hamburger e delle pizze d’asporto senza capacità alcuna rivolta al piacere dello scrivere».

Della polemica con J-Ax cosa ti è rimasto?

«Assolutamente nulla. Ho dichiarato in tantissime occasioni che non era mia intenzione né deridere né offendere J-Ax e Nina Zilli, la mia fu solamente una battuta verso coloro che non considero assolutamente personaggi capaci, tant’è che la mia opinione non è cambiata affatto, ma la lista sarebbe infinita e non per questo bisogna offendersi e indignarsi con quell’incagnorimento che poi ne è seguito. Le persone che considerano me allo stesso modo ce ne saranno a migliaia, ma non per questo debbo prendermela o gridare vendetta. In tutta franchezza ammetto che, tutto ciò che costituisce la brutta faccia dell’Italia non mi è simpatico. I Talent show sono immondizia pura e i personaggi che esaltano tali produzioni televisive sulle loro poltroncine rosse mi irritano alquanto. Questa è l’origine della mia battuta citando J-Ax, sono straconvinto che non partecipando a queste becere occasioni anche lui ci guadagnerebbe verso i suoi fans, sicuramente con molti soldi meno in tasca, ma con un’autorevolezza più credibile anche nello stesso circuito del rap italiano».

Non hai commentato la recente morte di Bowie. Una scelta che mi ha incuriosito, visto che persino la Chiesa si è accodata al carrozzone delle condoglianze. Una scelta voluta, la tua? Una semplice dimenticanza? 

«Volutissima. In queste ultime settimane sono state tante le perdite di persone care. Mi è sembrato doveroso e appropriato restare in silenzio anche per la morte di un musicista che lascerà di sicuro un vuoto incolmabile nella storia della musica internazionale moderna. Era il gesto più elegante che potevo fare, peccato non tutti lo abbiano fatto».

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