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GARBO «Milano è la prima volta nella mia vita che la vedo così fantasma»

In attesa di tornare a parlare di musica senza l’ingombrante peso di questi ultimi giorni, abbiamo chiesto ad alcuni artisti di “fotografare” per noi queste giornate strane che stiamo vivendo. Iniziamo da Renato Garbo, artista sensibile, cantautore che ha segnato un’epoca della musica italiana.

Il tema è l’attualità. Pensi che questa situazione e questo riscoprirci terribilmente vulnerabile davanti a un nemico invisibile possano portare alla fine?

«Non credo la fine, per lo meno me lo auguro, soprattutto per le nuove generazioni».

Magari a una presa di coscienza (dei singoli) diversa rispetto al passato?

«Credo nella maggior presa di coscienza della nostra precarietà, che l’uomo spesso elude per presunzione, arroganza e senso di potere sulla vita abnorme. Non è così. Siamo fragili e di passaggio».

Che ruolo può avere, oggi, in questo momento, un artista: intrattenere comunque il pubblico usando i mezzi a disposizione, oppure cercare di elaborare questi giorni provando di conseguenza a dare – tramite l’arte – una chiave di lettura?

«Credo che un artista, preso atto del momento difficile, debba dedicarsi ad un approfondimento della propria creatività e di bilancio della propria attività pubblica e comunicativa. Non credo invece nel comunicare a tutti i costi e con qualsiasi mezzo la propria arte in questi momenti. Occorre un po’ di pulizia, di silenzio, affinché anche il pubblico sappia aspettare, ascoltare il silenzio e poi, domani, apprezzare con più coscienza e profondità ciò che ascolterà e sentirà».

Milano, la tua città, e la Lombardia in generale, stanno attraverso un momento terribile. Come stai vivendo questo periodo così particolare e carico di tensioni?

«Come sappiamo la Lombardia è la più colpita in questo momento e Milano è la prima volta nella mia vita che la vedo così fantasma (ha un suo surreale fascino). Io vivo questi giorni in modo molto privato, consapevole e sereno. Esco di casa poco, unicamente per necessità e attrezzato di mascherina con filtro, guanti in lattice e autocertificazione».

Chiusi in casa, e talvolta in una condizione di solitudine terribile, cosa può avvicinarci alla felicità?

«Come accennavo prima, vivo un momento privato, ma non in terribile solitudine. Ho mia moglie vicino e sono appunto “felice” di stare anche solo con me stesso, per conoscermi meglio, e come già dicevo, fare un bilancio del mio procedere nella vita. Credo che nel dramma sociale che stiamo vivendo ci sia anche del positivo, cioè la migliore consapevolezza della nostra posizione e condizione nell’universo».

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