VERANO «Con Verano mi sono scoperta molto pop...»
Esce domani il primo lavoro di Verano, progetto dietro cui si cela Anna Viganò. L’EP di cinque brani della ragazza dai capelli rossi (già con Intercity e L’Officina della Camomilla) mescola dream pop, elettronica e cantautorato. All’interno del compact anche un gioiellino: “Nevada”, un singolo dal potenziale enorme, un pezzo davvero notevole. Alla vigilia del debutto, abbiamo intervistato Anna e abbiamo parlato di Verano ma non soltanto.
Milano è un po’ il panorama dell’ep: c’è il riferimento in “Cielo su Milano” e il video di “Nevada” è stato girato nei pressi di Assago. Perché questa scelta?
«Milano è il posto in cui vivo da 10 anni, l’edificio che si vede nel video è il posto dove lavoro. Insomma, quello che ci sta attorno inevitabilmente finisce per far parte delle nostre visioni, del nostro sentire, della nostra vita».
Che rapporto hai con Milano?
«Io sto bene a Milano, faccio fatica a staccarmene per più di qualche giorno. E’ una città sicuramente difficile ma che mi dà stimoli e vibrazioni interessanti».
“Nevada” è il pezzo migliore dell’ep. E’ stato doloroso arrivare a una scrittura così diretta?
«E’ stato strano, per me sicuramente una sensazione nuova. In “Nevada” il nesso logico porta subito a una classica storia d’amore, in realtà in quel brano parlo almeno di due o tre persone che a più livelli hanno spezzato qualcosa, non semplicemente per causa loro. Sono molto contenta del brano, forse è lì che ho capito che potevo provare a scrivere qualcosa. E’ assolutamente la direzione in cui voglio andare, come scrittura soprattutto».
Cosa ti ha spinto verso questa esperienza dopo aver militato in gruppo con altri?
«Che brutta parola “militare” – sorride. Avevo in testa Verano da tempo, chi mi conosce più o meno da vicino ha sicuramente avuto un dialogo con me su questo argomento negli ultimi due anni. Però forse mi mancava la vera convinzione, oltre al coraggio. Avevo anche già scritto dei brani, che ho rovinosamente perso in un hard disk bruciato. Brani di cui non ricordo assolutamente nulla. A ottobre, quando l’esperienza de L’Officina della Camomilla era ormai chiusa, ho deciso che era arrivato il momento. E’ stato molto faticoso all’inizio. Non tanto sedermi e scrivere, anzi, ma il decidere di sedermi e farlo davvero».
Perché l’idea di un EP e non di un disco vero e proprio?
«Avevo qualche altro brano che avrebbe potuto rendere questo EP qualcosa di più, ma consigliata anche da Paletti – il mio produttore – abbiamo deciso di non perdere il focus, di concentrare molto lo sforzo e di produrre 5 brani solidi. Questo lavoro è un modo per inquadrare me stessa in primis, un primo mattone di una casa tutta da costruire. Sembra banale, ma io mica lo sapevo cosa ero io, cosa era Verano, prima di arrivare a scrivere e vestire i brani. E’ stata una ricerca, mi sono ritrovata, ora posso iniziare un percorso».
L’EP propone molta elettronica, ma anche tantissimo pop. Come si maneggia l’orecchiabilità senza scivolare nel banale, secondo te?
«E’ una cosa molto strana, mi sono scoperta molto pop. Io penso che non si maneggi, ma ci si arrivi naturalmente. Insomma, quando pensi a una frase ti devi sempre chiedere “ma io veramente avrei il coraggio di scrivere una cosa così? Magari di immedesimarmi e condividerla?”. Se la risposta è no, lascia perdere».
Quali ascolti o letture o film hanno ispirato Verano e l’EP?
«Sicuramente St. Vincent, i Beach House, ma anche tanta musica italiana. Uno degli stimoli più importanti, che mi ha aiutato anche a visualizzare Verano, è stato sicuramente William Eggleston, un fotografo che ho scoperto grazie a Sami Oliver Nakari, a sua volta fotografo che ha scattato Verano».