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PAOLO BENVEGNÙ «Io sono un naufrago di natura»

«Mina? Sì, ha cantato una mia canzone, ma non l’ho mai conosciuta, però so che un giorno cucinerà delle polpette buonissime per me». Anche se ama definirsi “folle”, Paolo Benvegnù è di una lucidità cristallina, che nasconde tra le pieghe del paradosso e il peso di un’esistenza fatta di successi, fughe e naufragi: «Sono un naufrago di natura».

Parliamo di Sanremo. Ti sei mai immaginato sul palco del Festival?

«Sì, però non credo che parteciperei felicemente alla gara. L’unica competizione che porto avanti da 50 anni è con me stesso per capirmi, visto che continuo a non capirmi. Nei miei sogni, mi piacerebbe ritrovarmi lassù su quel palco e ricevere un giorno un premio alla carriera, magari sorseggiando un amaro. Comunque il grosso problema è che non so scrivere canzoni leggere e per andare a Sanremo devi saper scrivere canzoni leggere. Se non rinasco cane, nella prossima vita cercherò di imparare a scrivere canzoni leggere».

Mina ti ha “rubato” un brano qualche anno fa. Non abbastanza per un premio alla carriera ma senza dubbio una bella botta di autostima…

«E’ stata un’emozione enorme, qualcosa di bellissimo, una grandissima soddisfazione».

L’hai conosciuta?

«No, però Benedetta Mazzini (la figlia della grande interprete, ndr) mi ha portato un messaggio di sua madre, mi ha detto che quando avrò tempo e piacere, sarò un ospite gradito a casa di Mina e lei stessa cucinerà per me delle polpette».

A cosa pensi in questo periodo?

«Al concetto di “giusto” e “mostruoso”. Vorrei provare a capire dove arriva il desiderio personale, la morale della società odierna e le convenzioni che oramai diamo per scontate. Ti faccio un esempio: il “giusto” dovrebbe stare nel non ledere l’altro, ma questo può diventare castrazione del desiderio proprio, quindi il dilemma che mi pongo è vivere abbeverando il desiderio oppure stare in ciò che potrebbe sembrare “giusto” ma perdendo/limitando parti di noi stessi?».

Hai una risposta?

«La sto ancora cercando, e spero di trovarla».

Sembri una persona tormentata: sei felice?

«Sì, sono felice, perché mi sono arreso al fatto che nel combattimento quotidiano c’è la mia felicità, la mia vitalità».

I quarantenni di oggi ti ricordano alla guida degli Scisma tanti anni fa…

«E’ stata un’esperienza bella e terribile: bella perché c’erano attorno a me delle persone meravigliose, ma io non ero altro che un ragazzo presuntuoso e tirannico verso gli altri. Ero inquieto e non lo sapevo, ero ambiguo, insomma, conservo tutt’oggi una brutta fotografia di “quel me” e quindi faccio fatica a tornare indietro con la memoria a quei tempi».

Oggi sei un uomo migliore?

«Diciamo che ho altri difetti, non più quelli di una volta».

Non è poco…

Sorride. «E’ tanto».

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