ANDREA ARNOLDI E IL PESO DEL CORPO Le cose vanno usate le persone vanno amate
C’è qualcosa di cinematografico nell’arte di Andrea Arnoldi e Il peso del corpo: diverse costruzioni musicali, infatti, rimandano la memoria a certe idee (messe in atto) da Teho Teardo nelle sue colonne sonore. Se dovessimo fermarci all’aspetto sonoro, il giudizio relativo a questa autoproduzione non potrebbe che essere estremamente positivo, perché sulle musiche, sugli arrangiamenti e sulla pastosità del suono si è fatto davvero un gran bel lavoro, però ci sono anche le parole, e le parole che danno corpo alle undici canzoni in scaletta sono il Tallone di Achille di un disco elegante, scritto in punta di penna e con accenti folk e fascinazioni acustiche, ma con delle liriche che non lasciano il segno. Per carità, i testi non sono banali, c’è senza dubbio proprietà di linguaggio nella scrittura, ma è come se la potenza della musica mettesse in maggior risalto i limiti delle (anonime) immagini tratteggiate dalle parole. Che peccato…
I pezzi migliori? “Cometa” e “Coda”, entrambi con un finale strumentale ipnotico, davvero emozionante.