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WE ARE WAVES «Ogni volta che finiamo un album pensiamo di aver fatto il disco più bello della nostra vita»

Hold” ha segnato il loro recente ritorno sulle scene. In questa intervista abbiamo chiacchierato di elettronica con i torinesi We Are Waves, ma siamo finiti per parlare anche di rap e tanto altro.

La prima sensazione, ascoltando l’elettronica del nuovo disco, è stata quella di sentirla distante dalle mode del momento…

we are waves hold«E’ difficile parlare di mode nel 2018, c’è tanta musica molto diversa che viaggia di pari passo rivolgendosi a pubblici molto distanti tra loro; nel nostro caso seguiamo tutta una scuola di elettronica di stampo retro-wave decisamente attuale che usa questo tipo di sonorità, pensa ad artisti come Not Waving, Carpenter Brut, Teeel, Toxic Avenger, Kavinsky anche se loro sono completamente elettronici e non si poggiano su strutture più “classiche” che una band inevitabilmente si porta con sé; forse solo Trentemoller ha quel tipo di approccio nella sua scrittura. In ogni caso, cerchiamo il più possibile di essere personali e non farci influenzare troppo da quello che gira intorno».

Il farvi carico dell’intera produzione artistica dell’album vi ha esposto a responsabilità particolari? 

«Sicuramente ci ha esposto eccome, quella roba del tipo “…sarò in grado di fare una cosa del genere?” era una sfida enorme che poteva anche tradursi in un mezzo disastro. Ci siamo approcciati con molta umiltà e qualche timore; mentre le cose si definivano capivamo sempre meglio cosa volevamo, e soprattutto cosa non volevamo, arrivando a trovare una quadra».

Scelta o necessità?

«Assolutamente scelta».

Ormai avete un po’ di esperienza sulle spalle. Che margini di crescita vedete per il vostro progetto? 

«Ogni volta che finiamo un album pensiamo di aver fatto il disco più bello della nostra vita. Non potremo mai fare meglio di così. E a quel punto ti terrorizzi. Abbiamo avuto sempre questa sensazione, da “Labile” in poi. Poi passa il tempo, ricominci a rilassarti, si abbassa il polverone mediatico e ricominci ad avere voglia di scrivere, partendo da quello che ti aveva convinto meno del lavoro precedente».

In cosa potete migliorare per mettere ancora più a fuoco il vostro suono?

«Difficile rispondere, forse un po’ di coerenza e coesione in più a livello di sonorità non guasterebbe in futuro».

Avete mai pensato che sarebbe stata più fruttuosa la passione per il rap piuttosto che per l’elettronica?

«Ahah, sicuramente sì, soprattutto adesso!».

Battute a parte, in Italia si può campare di elettronica? 

«In Italia non si può campare di quasi nulla, figurati di elettronica. A questo aggiungi che il nostro essere borderline non ci aiuta: siamo troppo electro per il pubblico rock e troppo rock per il pubblico electro. Facciamo quello che ci rappresenta, e il pubblico che ha voglia di seguirci questa cosa la recepisce bene».

Ma a voi il rap piace?

«Sappiamo  che è difficile da credere, ma sì, il rap ci piace. Se una roba è fatta bene non è mai il genere il problema, per cui certe cose ci piacciono e anche molto, tipo Fibra, Salmo, Nitro o Ghali».

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