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È STATA LA MANO DI DIO Paolo Sorrentino

e stata la mano di dio

E’ un brutto segnale quando un regista decide di… farsi film, quando cioè il bisogno di imboccare la strada dell’autoanalisi diventa opera d’arte. Per carità, tutti gli artisti portano in scena – sempre – un po’ del proprio vissuto, ma quando si esagera il risultato non è distante da questo “È stata la mano di Dio“, un film che racconta la giovinezza del regista vissuta a Napoli, con ovviamente tutto il carico di dramma (la perdita dei genitori) che si porta appresso.

Perché il nostro giudizio è negativo? Perché è un film clamorosamente povero di contenuti, che prova ad intrattenere per via delle generose aperture alla commedia e che nella prima parte irretisce lo spettatore grazie ai nudi di Luisa Ranieri. Una furbata? Sì.

Paolo Sorrentino per un’ora buona ci porta a spasso tra situazioni grottesche, scherzi, personaggi da macchietta e iperbole varie, quando poi il film scarta verso il dramma, ecco che lì si perde, non sa dare una piega alla sua opera, finendo per essere un’incompiuta. Non c’è messaggio, l’introspezione è superficiale, e si fa una gran fatica a dare un senso alla pellicola.

La trama. Napoli, anni ’80. Fabietto Schisa vive un’adolescenza spensierata in compagnia dei genitori Saverio e Maria e dei fratelli Marchino e Daniela. Gli Schisa, circondati da una pletora di parenti e amici sui generis, sono molto uniti e nutrono un grande affetto reciproco, ma la loro serenità è guastata da alcuni eventi.

Il cast è l’ancora di salvezza del film. Da Toni Servillo (assieme a Teresa Saponangelo veste i panni dei genitori del Sorrentino giovane) al protagonista Filippo Scotti è tutto un fiorire di buone prove. Ma non basta. Il finale è di una mediocrità triste. I titoli di coda un sollievo.

Review Overview

SCORE - 4

4

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