AFTERHOURS Folfiri o Folfox
Quando un artista butta fuori un disco doppio, spesso significa che le canzoni sono nate in un momento duro. Billy Corgan degli Smashing Pumpkins, dopo il monolitico “Mellon Collie and the Infinite Sadness” ebbe a dire una roba del tipo “…un album doppio è come mettere la testa dentro il proprio culo”. Manuel Agnelli per presentare questo “Folfiri o Folfox” ha detto: «Gli ultimi quattro anni sono stati densi di cambiamenti a volte naturali e necessari, a volte laceranti. Ho perso mio padre che era da poco ridiventato il mio migliore amico. Mi sono trovato improvvisamente in mezzo all’oceano, da solo, senza terra in vista. Definitivamente adulto».
Partendo da questi presupposti, non stupisce che “Folfiri o Folfox” nell’ordine sia un disco: scuro, a tratti ermetico dal punto di vista lirico, con il suono degli Afterhours che spesso si muove fra cambi di registro e momenti urlati e atmosfere più soft. Insomma, non è un lavoro facile da masticare, assaporare e digerire, ci vogliono diversi ascolti per trovare una chiave di lettura.
Dal punto di vista lirico, Agnelli si conferma un eccellente paroliere, ma sono ben distanti i tempi in cui l’immedesimazione nei suoi testi era automatica per l’ascoltatore, quelle di “Folfiri o Folfox” sono liriche di Manuel Agnelli per Manuel Agnelli, poi portate in dono all’ascoltatore. Difficilissimo caderci dentro e ritrovarsi all’interno, è cantautorato sì, ma dalla difficile interpretazione. Dal punto di vista sonoro, il disco è vario: parte dal rock per andare presto oltre i territori dell’alternative, e abbracciare la sperimentazione. Le chitarre sono bellissime, molto espressive, talvolta gracchianti, talvolta sono più di una semplice cornice. La fruibilità pop del compact? Sufficiente. A livello melodico si poteva oggettivamente fare di più.
In conclusione: che valore dare a questo album? Lasciate da parte i confronti coi vecchi lavori, questo è un prodotto che si specchia pochissimo nel passato. Partendo da questo presupposto, il giudizio diventa estremamente soggettivo. A noi “Folfiri o Folfox” è piaciuto, non ha esaltato, ma è piaciuto. I pezzi migliori? “Fa male solo la prima volta” e “Né pani né pesci”.