Cinema2022

SPEAK NO EVIL Christian Tafdrup

speak no evil

Non ci sono mostri, non ci sono fantasmi, non ci sono armi, coltelli o grossi effetti speciali, e anche il sangue è centellinato. Eppure “Speak No Evil” è uno dei migliori 10 horror degli ultimi 10 anni, non c’è dubbio. Così come non c’è dubbio che farà felici tanti orfani del primo Michael Haneke – qui ritroveranno tanto del cinico immaginario del regista austriaco.

Il film ha tre punti di forza: la narrazione è fluida e coinvolgente, la regia di Christian Tafdrup è di pregio con diverse inquadrature che meritano non solo dal punto di vista cinematografico ma soprattutto dal punto di vista artistico, e infine la pellicola si prende gioco dello spettatore in più occasioni, facendolo cadere in errore davanti alle classiche sliding doors.

E’ un film che mette i brividi, così come mette i brividi la quotidianità di ognuno di noi, quel lento e ripetitivo procedere per scadenze, codici e abitudini che spesso ci danno l’impressione di essere all’interno di una ruota girando senza fine. Ma questo è anche un film che parla della perdita del nostro sesto senso, della perdita dell’intuizione, e di tutto ciò che ha a che fare con le sensazioni, che oggi sono state soppiantate da quella che potremmo definire una sorta di “cortesia sociale”, cioè quel bisogno di non offendere l’altro che poi in una certa misura si tramuta in un una specie di uccisione della nostra identità, del nostro Io. E ciò avviene in tantissimi ambiti della nostra vita quotidiana: dal rapporto con gli amici, alla vita sul posto di lavoro, passando per gli affetti e la famiglia. Spesso non ce ne rendiamo conto (così come non se ne rendono conto i protagonisti del film) e finiamo per reprimere, per reprimere tutto ciò che invece gorgoglia al nostro interno.

La trama. Durante una vacanza in Toscana con la loro figlioletta Agnes, i danesi Bjørn e Louise conoscono Patrick e Karin, coppia olandese in vacanza insieme al piccolo Abel. Le due famiglie passano molti piacevoli momenti insieme, scambiandosi anche i rispettivi recapiti. Qualche mese dopo il loro ritorno in Danimarca, Bjørn e Louise ricevono un invito dagli olandesi, i quali li vorrebbero ospitare per un weekend. La distanza in auto fra le due nazioni non è molta e così, nonostante li conoscano poco e si rendano comunque conto di correre un rischio, i due si recano dai nuovi amici insieme alla loro bambina.

Il cast è perfetto. In scena ci sono quattro adulti (Morten Burian, Sidsel Siem Koch, Fedja van Huêt, Karina Smulders) e due bambini, e ogni personaggio è funzionale, così come è funzionale la scrittura: ogni battuta ha un senso e più che anticipare gli eventi crea una tensione emotiva palpabile. Il finale è liberatorio.

Review Overview

SCORE - 8

8

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