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PIERPAOLO CAPOVILLA «Sarà un mondo più brutto quello di domani. Però bisogna lottare affinché questo non avvenga»

«Se qualcuno me lo avesse detto cinque anni fa, non gli avrei creduto». E’ un Pierpaolo Capovilla a metà fra l’orgoglioso e il sorpreso, quello che si guarda indietro. «La mia vita negli ultimi anni è cambiata radicalmente – spiega Capovilla, in passato già alla guida degli One Dimensional Man e da qualche anno alla testa de Il Teatro Degli Orrori. Dopo aver lavorato in un ristorante, in un distributore di benzina e aver fatto migliaia di altri lavori normalissimi, da qualche tempo posso concentrarmi solo sulla musica e lo considero un privilegio bellissimo».

Il successo cos’è?

«E’ come avere un paio di ali sulle spalle. E sai cosa ti dico? Sono contento che sia arrivato dopo i 40 anni».

Perché?

«Perché da ometto maturo non corri il rischio di montarti la testa. Avessi avuto successo magari a 20 anni, mi sarei pavoneggiato come una rock star».

Hai paura di tornare nell’anonimato?

«Non temo nulla».

Come ti immagina il futuro?

«Io sono poco fiducioso, sarà un mondo più brutto quello di domani. Sarà più ingiusto e disuguale, malgrado ciò, però, bisogna lottare affinché questo non avvenga. Quindi lottiamo, perché lottare è bello».

I giovani di oggi hanno voglia di lottare?

«Io sono fiducioso nelle nuove generazioni, anche se c’è un impoverimento del linguaggio preoccupante».

Te la senti di dar loro un consiglio?

«Di fronte alla descolarizzazione, vorrei che i giovani imparassero a difendersi da soli. Davanti all’umiliazione dell’istruzione, al sempre dilagante ruolo politico-demagogico della tv, è necessario acculturarsi da sé. La cultura è pazienza, ti ci devi appassionare a un buon libro, alla poesia, a un buon romanzo. Stare 8 ore al giorno davanti a Facebook o Twitter non serve a nulla».

Non ti piacciono i social network?

«Tutti i social network sono una perdita di tempo. Mi rendo conto che la mia guerra contro Twitter e Facebook sa molto di Don Chisciotte, ma non mi pento della posizione che ho assunto. Con questo non nego l’importanza essenziale di Internet, ma non usiamo la rete per la cultura e per approfondire. Molti utilizzano i social network per bearsi delle proprie ignoranze quotidiane. Insomma, usano un elemento essenziale come Internet in maniera sbagliata».

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