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POLLIO «La scena indie? Una valida alternativa, forse un po’ carente di curiosità»

Fondatore e frontman degli Io?Drama, Fabrizio Pollio ha collezionato quasi 500 concerti in dieci anni di carriera (tra cui due sold out da headliner all’Alcatraz di Milano). Con Pollio ha deciso di uscire allo scoperto in prima persona, senza la rassicurante (?) presenza di un gruppo alle spalle. “Humus” è il suo disco d’esordio.

POLLIO humusChe valore dare a Pollio rispetto agli Io?Drama? E’ un side project?

«Non è un side project. Abbiamo sospeso l’attività degli Io?Drama per dedicarci volontariamente ad altro. Quindi al momento è la mia principale attività».

Cos’hai imparato con gli Io?Drama e cos’hai imparato in questa esperienza da solista?

«Con la band lottavo per una sorta di sogno o causa comune, da solista invece faccio costantemente i conti con me stesso, nel bene e nel male. Sono due esperienze molto diverse, accomunate dal fatto che la penna che scrive è sempre la mia. Con la band ho imparato la bellezza della squadra e della collettività, di quanto la felicità possa essere chiusa in quattro portiere di un furgone. Da solo ho invece imparato ad accettare il mio lato più solitario e meno accondiscendente, forte del fatto che le mie scelte ricadono solo su di me, e ho apprezzato di più l’allontanamento da tutti e tutto. Fasi diversissime, sempre intense però».

E’ da poco finito il Festival. E’ un evento che guardi abitualmente? 

«Non lo guardo in diretta perché non ho la tv».

Ti sei mai immaginato su quel palco? Qualche anno fa tentaste anche di andarci come Io?Drama, giusto?

«Mi ci sono immaginato spesso, c’ho provato più volte e se potessi dire la mia su quel palco lo farei con grande piacere. Mi astengo dalle critiche sulla qualità solo perché non mi piace mischiare concettualmente la musica con l’intrattenimento. Parlare della qualità o degli arrangiamenti di un programma televisivo è come parlare della comicità e del lessico di un frullatore. Sono ambiti diversi e va bene così».

Sei nell’ambiente da più di 10 anni. Che definizione dare della scena indie italiana?

«Una valida alternativa, forse un po’ carente di curiosità».

Il tuo tour si concluderà a Milano il prossimo 30 marzo. Che rapporto hai oggi con la tua città?

«L’invernale si concluderà alla Salumeria della Musica, poi continuerò con estivi e qualche acustico. Milano è la mia città e anche se vorrei lasciarla almeno una volta al giorno, sono sempre qui e ormai ho imparato ad amarla. Mi ispira, mi deprime, mi aliena e mi coinvolge. La lascerei per un posto sul mare, quello sì, ma non è il momento».

Da buon adolescente milanese sei cresciuto con il mito degli Afterhours? 

«Sì, ho avuto il mito degli “After” e credo che siano stati l’inizio di tutto questo indie di cui si parla, assieme ai CCCP. Da ormai qualche disco non li riesco più ad ascoltare come prima ma il mio rispetto resta invariato».

Sei rimasto colpito dal vedere Agnelli diventare un personaggio da “X-Factor”?

«Ne sono felicissimo, credo abbia fatto una mossa coraggiosa, conveniente per lui e per tutti i musicisti underground. Io sono per l’esporsi, non ho grosse paure riguardo questa tv che ti cambia, ti fotte, eccetera, eccetera. Quando hai le palle fai quello che vuoi».

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