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VERANO+LIEDE «Vi raccontiamo una delle canzoni d’amore più incredibili mai uscite»

Però Quasi” è il brano che Liede e Verano hanno deciso nei giorni scorsi di reinterpretare omaggiando quel geniaccio che era Roberto “Freak” Antoni, battezzando come giorno d’uscita (in collaborazione con la bolognese Garrincha) proprio il 12 febbraio, giorno in cui 3 anni fa il frontman degli Skiantos scomparve. E attenzione: non è stata una coincidenza che “Però Quasi” di Liede e Verano sia arrivata all’indomani della fine della 67ma edizione del Festival della musica italiana, dove nel 2012 la canzone venne rifiutata…

Ci raccontate il punto di vista emotivo della canzone rispetto a un uomo e a una donna? Insomma, come la vivete entrambi la canzone?

VERANO LIEDEAnna/Verano: «Personalmente credo, come ho detto più volte, che sia una delle canzoni d’amore più incredibili mai uscite. E’ un manifesto di costanza e dedizione di un uomo verso una donna, senza però raccontare qualcosa di irreale. Quel “Però Quasi” cambia completamente la prospettiva, rende tutto umano, sfidante e profondamente romantico nel senso meno mieloso del termine».
Francesco/Liede: «“Però Quasi” è una dichiarazione, onesta, d’amore. Freak è riuscito a rendere canzone quel momento in cui camminando per strada abbracciato alla lei che ami guardi un’altra, bellissima, che cammina in senso opposto. E la tua lei ti becca, prova a fare quel ghigno da rimprovero, e tu non hai bisogno di dire niente perché lo sai tu e lo sa lei che per quanto la bellissima fosse bella, beh, in confronto alla tua lei, anche di più, ma in realtà no, però quasi. Imbarazzantemente onesto».

Oggi la parola che più fa rima con Freak Antoni è “genio”, ma prima che morisse era considerato da una bella fetta di critica come uno “sfigato qualunque”. Non è stato capito da vivo oppure è la critica italiana a non capire il talento di alcuni artisti? Oppure è stata colpa di Freak nel porsi male o nel veicolare male la sua musica?

Anna/Verano: «Non credo sia mai stato considerato uno “sfigato qualunque”, nemmeno dalla critica. Semmai uno fastidioso, uno che faceva musica di merda per un certo tipo di pubblico. Ma Freak era un agitatore, muoveva le acque, era punk nella testa. Non penso nemmeno sia una questione di quanto la critica (e il pubblico) abbiano capito o non capito. Penso ci sia sempre una responsabilità forte dell’artista se non arriva alle persone. Freak onestamente le persone le perforava, ma non era certamente da tutti, arrivava al pubblico necessariamente distillato. Aveva un approccio alla musica molto particolare, e ammetto che risulta anche difficile digerire molte cose degli Skiantos. La musica era solo una parte del suo obiettivo, che penso fosse quello di passare un messaggio molto più ampio e orizzontale».
Francesco/Liede: «Non ho abbastanza esperienza per esprimermi sulla critica italiana. Secondo me la questione della glorificazione “postuma” dei geni spesso si confonde con la mancanza di fama premorte. Per il suo pubblico, Freak è stato un genio/idolo prima e dopo. Chi non lo conosceva, ed è venuto a conoscenza delle sue opere solo in questi ultimi anni, invece, si è rovinato il gusto di poter scegliere se genializzarlo o meno, perché dire che uno è un genio dopo che ha tirato le cuoia è troppo banale».

Prima di celebrarli da morti come “geni”, mi citate un paio di personaggi che secondo voi finora in campo musicale (italiano) hanno raccolto molto meno del dovuto?

Anna/Verano: «Secondo me uno che ha sicuro raccolto, ma spero raccoglierà sempre di più, è Colapesce. Grande immaginario, capacità di scrittura incredibile e scelte a livello di arrangiamento e produzione veramente ottime. E poi Liede!».
Francesco/Liede: «Io voto Leo Pari. Poi sul “molto meno del dovuto” non so bene pronunciarmi perché non conosco bene la sua storia, ma di sicuro merita di più. L’ultimo disco è una bomba».

So che Anna è una spettatrice fanatica di Sanremo (se non sbaglio). Vi siete mai immaginati su quel palco come artisti?

Anna/Verano: «Forse in un’altra vita sarò una spettatrice fanatica – sorride. Scherzi a parte io non sono una gran follower di Sanremo, non ho mai seguito il Festival in modo pedissequo. Ogni anno accade che accendo la tv ma in modo del tutto casuale. Quest’anno ho visto 5 esibizioni in 3 giorni credo. Mi sono immaginata su quel palco? Onestamente no, non è una meta. Se me lo dovessero chiedere ci dovrei pensare bene. Sicuro è un enorme spottone promozionale, ma ha pochissimo a che vedere con la musica e impegna una quantità abnorme di risorse sia lato artistico che di staff impegnato. Non lo so, ci dovrei davvero pensare, ma sono altre le cose che mi fanno sognare».
Francesco/Liede: «Dai Annina, ammettilo che non perdi un istante del festivalone. Io non l’ho visto purtroppo, ho avuto una settimana un po’ incasinata, da bravo finto intellettuale non ho la tv e mi son sempre trovato in posti dove a nessuno interessava. Ma nottetempo e nei giorni post-serata ho letto tutti gli articoli che tra Facebook, Repubblica.it e Ansa.it mi han propinato quindi sono molto preparato. Ermal Meta mi è piaciuto molto. Quel palco? Beh, mi ci hanno immaginato mia madre e le mie nonne su quel palco, vuoi che non mi ci sia immaginato da solo? Hai voglia…».

Nel 2012 il brano fu rifiutato da Sanremo. Secondo voi, perché? C’era di meglio?

Anna/Verano: «Non fu tanto il brano quanto proprio Freak ad essere rifiutato, in quanto non abbastanza famoso. L’edizione era quella del 2012 mi sembra, e il direttore artistico era il nuovo (anzi ormai passato) eroe di Facebook Gianni Morandi. Per ovviare all’handicap, a Freak venne proposto di partecipare affiancato a un artista più corposo, in duo. Freak fece diverse proposte, immaginiamoci uno schema simile: “Ok Gianni, allora porto lui – No, lui non va bene – Ok, allora che ne dici, porto quest’altro – No Freak, non va bene neanche lui – Ok, guarda, allora, senti, porto lui che è grande – No, non va bene neanche lui – E allora porto Dio!”. Gianni attacca il telefono, Freak non va a Sanremo e 90 minuti di applausi. “Porto Dio” è poi diventata una canzone, nella quale Freak racconta questa storia. Tornando alla domanda all’inizio, il genio è anche questo».

Mi citate a testa un’altra perfetta canzone d’amore italiana? Insomma, quale brano vi scioglierebbe del tutto? E perché?

Anna/Verano: «Ce ne sono veramente milioni, quindi rispondo con la pancia, con quello che mi è venuto in mente senza pensare mentre leggevo la domanda: “Stelle Buone” di Cristina Donà. Per me lei è “La Donna” per antonomasia, con una capacità di condensare l’emotività e le emozioni in parole eccelse che pochi hanno. Poi vabbè, confesso il mio guilty pleasure attuale: “Il Conforto” di Tiziano Ferro e Carmen Consoli, pezzo clamoroso».
Francesco/Liede: «”Canzone” di Lucio Dalla, perché dice “…e se rimane indifferente non è lei”. “Due mondi” di Lucio Battisti, perché dice “…voglio te, una vita, far l’amore nelle vigne”».

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