CantautoreIntervisteItaliano

GARBO «Il mio nemico numero uno è il tempo che inesorabilmente passa»

«Più che un sex symbol mi sono sempre considerato un uomo dall’aspetto decente. Non sono Brad Pitt, e non mi sono mai sentito un “simbolo sessuale”».

Hai attraversato da protagonista gli Anni Ottanta. Come li racconteresti a chi, invece, non li ha vissuti?

«Gli Anni Ottanta sono stati un periodo di grande fermento, sia sotto il profilo culturale, sia sotto il piano artistico. Sono nati movimenti, tendenze, aggregazioni interessanti. Insomma, non è stato un decennio “finto” o di “plastica”».

E degli Anni Novanta che ricordo conservi?

«Gli Anni Novanta sono stati abbastanza bui, musicalmente parlando. L’unico fenomeno degno di nota è stato il rap, partorito dalla cultura nera. In Europa ed in Occidente non mi sembra sia accaduto granché, si è vissuta una pausa di riflessione».

Torniamo per un momento agli Anni Ottanta. Cosa butteresti di quel decennio?

«Butterei metaforicamente tutti coloro che criticano quel periodo senza averlo vissuto…».

E dei giovani attuali che ne pensi: ti piacciono?

«Questa generazione ha dei pregi e dei difetti, così come l’aveva la mia. Credo ci siano del “buono” anche in questa generazione».

Ogni persona ha un nemico, il tuo chi è?

«Il mio nemico numero uno è il tempo che inesorabilmente passa. Sarebbe bello congelarlo».

La canzone della vita di Garbo qual è?

«Ce ne sono tante».

Una alla quale sei particolarmente legato?

«“Walk On The Wild Side” di Lou Reed. Da ragazzino i miei genitori non mi facevano uscire la sera, e dunque rimanevo a casa: fingevo di studiare ed intanto ascoltavo la radio. Una sera passò “Walk On The Wild Side” di Lou Reed, e qualcosa dentro di me si mosse, mi sentii toccato nell’intimo».

Pulsante per tornare all'inizio