SPARTITI Collini: «Forse oggi ho meno timore del microfono e mi lascio trasportare un po' di più dall'emotività»
Max Collini e Jukka Reverberi sono Spartiti. Ma sono anche una bella fetta della scena indipendente degli ultimi dieci anni. Inevitabile quindi parlare con loro di musica, tormentoni e novità in campo indie, senza ovviamente perdere di vista “Austerità“, il loro primo disco in studio, un album vario e nel contempo coerente rispetto al percorso artistico dei due autori. Sullo sfondo anche gli Offlaga Disco Pax, ma senza malinconia.
Max, del nuovo album mi ha colpito molto il tuo modo di cantare. E’ cambiato qualcosa?
Max Collini: «Non saprei, non credo. Ho solo cercato di essere il più espressivo possibile. Mi sono accorto nel tempo che il mio modo di “recitare” è un po’ cambiato. Forse ho meno timore del microfono e mi lascio trasportare un poco di più dall’emotività. Tra “Socialismo Tascabile” degli Offlaga Disco Pax, che fu registrato nel 2004, e questo disco con Spartiti (“Austerità” è stato realizzato in studio alla fine del 2015), le differenze nel suono della voce e della sua naturalezza sono evidenti, non sembriamo quasi la stessa persona. Sono passati tanti anni, è normale che sia così. Oggi mi piacerebbe riascoltare quel primo disco con la voce di adesso e la consapevolezza del presente, ma solo per vedere l’effetto che fa. Ogni disco è figlio del suo tempo e ancora adesso quando lo riascolto ci trovo cose bellissime che non ricordavo o che semplicemente non avevo capito. Come amo sempre dire, il senno di poi è una scienza esatta».
“Ti aspetto” è forse il pezzo più intimo del nuovo disco. Recitare un testo altrui (e per giunta così personale e declinato al femminile) ha richiesto un impegno particolare?
Max Collini: «Ho scelto le parole di altri quando in quelle parole ci ho ritrovato qualcosa di me stesso, comprese quelle di Simona Vinci. Le trovo durissime, una sentenza esistenziale che non fa prigionieri. Il fatto che all’autrice il brano sia piaciuto molto è un motivo di grande orgoglio per noi. Recitare e fare proprie le parole e i sentimenti altrui è una esperienza bellissima, ma devo ammettere che la trovo più semplice che non affrontare le mie, di parole. Non saprei però spiegare bene il perché».
Mi dite la vostra sul tormentone di Enzo Savastano, “Una canzone indie“? E’ solo caricatura della scena oppure è spietatamente così l’indie italiano?
Jukka Reverberi: «So che Max è un fan, io invece che sono snob (a mia insaputa, lo dice Max) non ho seguito in modo particolare».
Max Collini: «Genio assoluto e oltre ogni oltre. In tre minuti di canzone ha descritto un intero mondo, credo in modo affettuoso e ironico, per nulla spietato. Me lo immagino, il buon Enzo, che una sera di qualche mese fa esce di casa a Benevento, va al Morgana a vedere Calcutta, rimane basito per la folla presente (credo dovettero spostare all’ultimo il concerto nella piazza antistante il locale per la quantità di gente che si presentò) e folgorato dal microcosmo – non più tanto micro, appunto – ha scritto la canzone. Non so se sia andata così, ma mi piacerebbe. Vi consiglio di ascoltare anche la sua “Reggae neomelodico”: vette altissime. Fidatevi».
Vi ha sorpreso la scelta di Manuel Agnelli come giudice di “X-Factor”?
Jukka Reverberi: «Spero sia per lui un’esperienza importante, come allo stesso tempo possa esserlo per il pubblico della trasmissione. Non ho grande curiosità per programmi come “X-Factor”, ho già troppo poco tempo per gli ascolti che mi interessano, per i libri che mi interessano, per i fumetti che mi interessano e via così».
Max Collini: «Credo che per Manuel sarà una vetrina enorme in un mondo che ha frequentato solo marginalmente e che a sua volta lo conosce poco. Nemmeno lui era un fan sfegatato della trasmissione, ma si tratta di una proposta di lavoro che difficilmente qualcuno potrebbe permettersi di non accettare. Spero che riesca anche a divertirsi, ma qualcosa mi dice che non sarà così semplice».
Jukka, tu hai una lunga carriera alle spalle. Che ispirazioni/stimoli particolari ti dà il progetto Spartiti?
Jukka Reverberi: «E’ il mio primo ed unico progetto in italiano, quindi è sicuramente un campo di gioco particolare per me, che ho iniziato con la musica strumentale e poi in inglese. Debbo dire che anche il lavoro in duo è una dimensione che mi stimola molto, mi dà una grande responsabilità come unico compositore delle musiche ed allo stesso tempo sono in seconda linea rispetto a Max ed alla sua narrazione. Posso concentrarmi solo sulla musica, senza dovermi occupare di riempire la scena».
I suoni del disco sono caldi, talvolta avvolgenti, non si avverte mai un distacco tra le parole di Max e il tessuto sonoro. In questi anni è sempre stato facile “vestire” le parole di Max oppure il suo passato artistico – magari all’inizio – ti ha creato qualche problema?
Jukka Reverberi: «Indubbiamente l’eredità artistica degli ODP è importante e quindi non semplice da gestire. Io ho fatto delle scelte di campo ben precise per questo lavoro con Spartiti: mai drum machine e mai tastiere Casio. Può sembrare una cosa banale, ma in realtà è una questione di puro e semplice rispetto: non appropriarsi di un suono che è indissolubilmente legato ad un’altra esperienza, che non è quella che io e Max stiamo provando a costruire. Poi il mio suono è quello lì che dici te, caldo, avvolgente, con qualche scossa dissonante quando capita. Insomma, non riesco ad uscire dal mondo sonoro che ho immaginato ed assemblato negli anni nella mia testa».
Max, ti stupisce l’affetto che ancora oggi c’è attorno al progetto Offlaga?
Max Collini: «Mi ha sempre stupito e non potrò mai abituarmi del tutto a questa cosa – ciò accadeva sia quando il gruppo era attivo e accade anche adesso che non esiste più. Quei brani e quei dischi sono diventati, per chi li ha ascoltati ed amati, qualcosa in cui riconoscersi. Non era una cosa voluta, né me lo sarei mai aspettato, ma è questo che li ha resi così importanti per tante persone. Sono molto grato verso chi ha fatto con me quel percorso e verso coloro che, per tanti anni, lo hanno seguito».