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FEDERICO ZAMPAGLIONE «Io, la musica, il cinema e la passione per la boxe»

Da sempre appassionato di boxe, Federico Zampaglione, cantautore, regista, sceneggiatore e frontman dei Tiromancino, ha deciso di mettersi in gioco in prima persona e di aprire un’agenzia di promozione e advising dal nome “TM Promotion”. A Federico piace mettersi continuamente alla prova: lo immagini alle prese con una nuova sceneggiatura per un film horror e invece sta pensando ad altro, lo immagini ossessionato dalla musica, ma poi ti accorgi che sì, la musica è la sua priorità in questo momento, ma anche altre passioni arrivano a reclamare spazio e attenzioni.

Hai festeggiato gli anni di recente. Che tipo sei, ti piacciono queste ricorrenze?

«Sì, pochi giorni fa abbiamo fatto una bella festa. Credo che ancora per un po’ – sorride – mi piacerà festeggiare gli anni».

Hai compiuto 47 anni eppure tra musica e cinema e concerti, sembra che tu abbia fatto ormai tutto. Cosa ti manca?

«In questi anni mi sono dedicato a tante cose, mettendoci dentro sempre tanta passione, facendo il massimo possibile, quindi diciamo che al momento mi sento bene con me stesso».

Fammi capire, il cassetto dei sogni è vuoto?

«No, no, non è affatto vuoto, però diciamo che in questo momento i sogni si riferiscono soprattutto alla mia vita privata: voglio portare avanti bene quello che sto facendo e poi dedicarmi anche ai viaggi, stare vicino nel modo giusto alla mia famiglia, avere tempo per loro».

La musica è un po’ come un match di boxe: un round magari lo fai, già farne tre diventa dura, per farne dodici devi avere carattere e qualità perché sennò in piedi non ci finisci

Parliamo della boxe. Quando è nata la tua passione per questa disciplina?

«Ce l’avevo già da ragazzino, mi piaceva tantissimo guardare i match di Mike Tyson, poi però ad un certo punto è un po’ svanita la passione, diciamo che il calcio ha prevalso. Una dozzina di anni fa la boxe è ritornata nella mia vita, in maniera molto forte: l’avevo già praticata da giovane, cioè dai 16 anni fino ai 20, poi avevo mollato e negli ultimi 10 anni ho ripreso».

Sport di testa più che di muscoli?

«E’ uno sport completo: la testa è importantissima, è importantissimo l’occhio, è importantissimo il cuore, poi è importantissimo curare anche la parte atletica, soprattutto a certi livelli. E’ uno sport dove coraggio e dedizione sono elementi che possono determinare una vittoria o una sconfitta, e uno sport che ti fa capire l’importanza del rispetto dell’avversario, l’importanza della fatica. E’ uno sport che se preso per il verso giusto ti aiuta moltissimo anche nella vita, perché ti abitua a non mollare subito davanti alle difficoltà, ti abitua anche a rialzarti velocemente dopo un passo falso. Inoltre è uno sport molto simile alla scherma, per cui anche molto complesso dal punto di vista tecnico. E sfatiamo il mito del pugile che sale sul ring e deve menare come un pazzo, perché il miglior pugile è soprattutto quello bravo a schivare i colpi».

Oggi quando pensiamo alla boxe, vengono subito alla mente Manny Pacquiao e Floyd Mayweather. Sono pugili che ti entusiasmano?

«Del loro match se n’è parlato per anni, ma poi alla fine quello che si è visto di recente è stato un incontro che ha deluso, perché fondamentalmente ci si aspettava tutto un altro tipo di scontro. Chi conosce la boxe dei due si aspettava che l’incrollabile difesa di Mayweather fosse messa a durissima prova dai colpi rapidi di Pacquiao. In realtà abbiamo visto un Pacquiao che, appena incassati alcuni destri di Mayweather, è parso spaventato e da lì in avanti non ha più portato avanti il suo pugilato. Pacquiao ha una boxe selvaggia e aggressiva, fatta a volte anche di imprudenze, ma questa volta l’abbiamo visto fare una boxe diversa, non sua, cercando addirittura di boxare Mayweather e non si può boxare Mayweather».

Non parli di loro con particolare entusiasmo, devo dedurre che non siano tra i tuoi atleti preferiti…

«Loro sono due atleti incredibili, senza dubbio tra i migliori, e credo che non sarà facile nei prossimi anni vedere delle superstar raggiungere quei livelli, in grado cioè di generare una montagna di soldi com’è capitato a loro».

Tu quando pensi al pugilato a chi pensi?

«Penso al grande Muhammad Ali, ma penso anche a Mike Tyson: il Tyson dei primi anni era una macchina incredibile, era un pugile pazzesco, era una forza della natura, aveva una potenza fuori dal comune e – malgrado il parere di alcuni – aveva anche una tecnica notevole».

L’idea dell’agenzia com’è nata e quando è nata?

«Avendo come carissimo amico Emiliano Marsili, che è un grande campione, alla fine mi sono ritrovato a ragionare sul modo migliore per promuovere i suoi incontri e, un pensiero dopo l’altro, ho deciso di dare una forma più ufficiale a tutto questo percorso, che mi auguro possa servire anche a sostenere in futuro altri pugili. In questo momento il lavoro con Marsili è gratificante perché ho trovato un atleta molto serio e con tanto talento».

Anche all’estero ci sono diversi musicisti che sostengono la boxe…

«Sì, soprattutto in America. Pensiamo a 50 Cent o a Jay-Z. Magari arrivarci a quei livelli… Loro comunque sono avvantaggiati dallo stare in America, che tradizionalmente è un Paese dove la boxe gode di una visibilità pazzesca».

Lasciamo la boxe e parliamo di Roma, la tua città. Dici Roma e le cronache degli ultimi mesi ti portano a pensare subito allo scandalo di Mafia Capitale…

«Tanti soldi mangiati. Tantissimi. Roma è una città con un potenziale enorme, perché piena di cose belle e meravigliose da vedere, ma è gestita in maniera piuttosto mediocre, e nulla è veramente valorizzato né in funzione dei cittadini, né in funzione dei turisti. Tutto è trascurato, ci si nasconde spesso dietro l’immagine di “Roma che comunque, anche maltratta, resta una grande città piena di storia e di fascino”, ma a conti fatti sul Colosseo, sui Fori Imperiali e su tante altre cose non ci puntiamo veramente, non ci mettiamo la stessa professionalità che ci mettono ad esempio in America, che anche da una tragedia come quella dell’11 Settembre sono riusciti a tirar fuori un business come quello di Ground Zero. Purtroppo Roma è una città trascurata, maltratta, mal gestita, colpita da anni di mala gestione, perché tutto il marcio di Mafia Capitale arriva da lontano, non certo da oggi, ma bisogna anche dire che quest’ultima gestione di Roma la trovo deludente».

Niente segnali positivi, dunque?

«Non ne vedo, devo essere sincero. In questi ultimi anni le cose sono andate sempre peggio. Al di là degli aspetti politici, Roma il suo momento migliore lo ha avuto quando c’era come sindaco Walter Veltroni, dopo è stato un susseguirsi di cose incomprensibili, losche, gestire in maniera allucinante».

Roma ha perso ultimamente anche Laura Antonelli e Remo Remotti…

«La Antonelli è stata una delle nostre attrici più amate, donna sensualissima e meravigliosa, che ha fatto sognare. La sua scomparsa ha colpito un po’ tutti. Così come ha colpito la scomparsa di Remo: ci conoscevamo bene, ero andato a trovarlo a casa di recente, era uno di quei geniacci veraci, capaci di distribuire perle di saggezza, era un uomo molto divertente e molto ironico, un gran marpione, sempre amante delle donne. E’ stato un artista speciale».

Tu ne vieni dalla generazione di quelli che vivevano la musica su VideoMusic. Quant’è cambiata la musica in questi ultimi vent’anni?

«Non tutto è cambiato in peggio. Pensa ad esempio ai video: anni fa doveva essere approvato da una televisione per poter sbarcare sul piccolo schermo, oggi invece fai un video, lo metti su YouTube e arriva direttamente al pubblico senza intermediari. C’è molto movimento in rete. E se è vero che Internet ha abbassato le vendite, è altrettanto vero che ha permesso un contatto più diretto con i fruitori di musica: oggi un video genera visualizzazioni, ma anche commenti che puoi leggere per capire l’opinione dei tuoi fans e magari per migliorare».

Tutto cambiato, dunque?

«Una cosa resta sempre uguale: una bella canzone resta una bella canzone. E puoi avere Internet, Facebook e mille altre cose, ma se non c’è qualità in ciò che fai, dopo un anno o due anni non si ricorda più nessuno quello che hai fatto».

Dei Talent che pensi, Federico?

«Sono lo strumento che oggi hanno i giovani per emergere, quindi piacciano o no, danno spazio a nuove realtà e questo è un dato incontestabile. E non dimentichiamoci che c’è stato un tempo, neppure troppo lontano, in cui i giovani… non esistevano più, perché o avevi un nome o ti eri consolidato sulla scena, oppure per emergere non c’era proprio maniera. Quindi questi Talent hanno permesso ai ragazzi di avere una vetrina. Tutto ciò che esce da lì non è destinato a restare, ma questo valeva anche ai tempi in cui c’era solo il Festival di Sanremo a fare la parte del leone. Un successo si può fare, due successi è già più difficile ma costruire una carriera non è una cosa che si improvvisa. La musica è un po’ come un match di boxe: un round magari lo fai, già farne tre diventa dura, per farne dodici devi avere carattere e qualità perché sennò in piedi non ci finisci».

Musica, cinema, cosa stai producendo in questi giorni?

«Sono impegnato in un tour estivo e sto lavorando a un nuovo album, credo uscirà a gennaio: ho già parecchi pezzi per le mani. Per quanto riguarda il cinema, ho fatto finora tre film, uno dietro l’altro, è stato un impegno enorme: ho passato 5 anni della mia vita con la valigia in mano per la promozione».

Apriamo una parentesi: il successo di “Shadow” quanto ti ha sconvolto la vita?

«Tantissimo, sono finito per diventare – per moltissimi critici – una sorta di nuovo Dario Argento. E’ stato un… fulmine a ciel sereno. Fra le altre cose fu prodotto da Massimo Ferrero, “Er Viperetta”, il presidente della Sampdoria, e il vero horror è stato quello, più che il film; lo dico simpaticamente, perché poi Ferrero è un simpaticone, un pazzo totale, un uomo pieno di un’energia unica, col quale mi sono fatte le migliori risate della mia vita, però per altri aspetti, lavorarci assieme non è stato facilissimo».

Farai altri film?

«Sto lavorando a un’idea di sceneggiatura, forse per un film da fare in Cina: non sarà un horror, ma un action, però con calma, perché adesso sono molto concentrato sulla musica».

Ultimamente ti ha colpito qualche film che hai visto?

«Ho amato molto l’ultimo di Matteo Garrone, un capolavoro. Ho visto anche quello di Paolo Sorrentino, un bel film, molto ben curato, però ho preferito “La Grande Bellezza”. Il suo comunque resta un bel cinema, sempre fatto benissimo».

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