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ALMAMEGRETTA «Il nostro percorso? Spesso non lineare, a volte tortuoso, ma sempre molto coerente»

EnnEnne” è il nuovo album degli Almamegretta. Per Raiz, Gennaro T e Pier Paolo Polcari un altro passo avanti lungo la direttrice della coerenza. Ma in questa intervista con Polcari non c’è solo il nuovo disco sotto i riflettori, c’è tanto altro: i Talent, Napoli, il potere dell’informazione. Un universo dove la musica sa essere protagonista ma sa fare anche da sfondo.

Il nuovo album sembra riannodare dei fili del passato e nel contempo aprire prospettive nuove.

«Il percorso di questa band è oramai molto lungo, spesso si è trattato di un percorso non lineare, a volte tortuoso, ma sempre molto coerente. Questo album si aggiunge alla nostra discografia in maniera naturale. E’ un disco che sentiamo molto “nostro” e nel quale cerchiamo (anche) di dimostrare come alcune delle intuizioni della prima ora siano tutt’ora assolutamente attuali».

“EnnEnne” ha diversi stati d’animo e mescola una valanga di generi. Il mondo che vi passa quotidianamente davanti che stato d’animo vi genera?

«Quello che ci passa davanti è un mondo in cui le informazioni recepite dall’esterno si sono moltiplicate, spesso a discapito della qualità o dell’utilità delle informazioni stesse. Abbiamo accesso ad un sacco di nozioni in più ma apprendiamo in maniera superficiale. L’informazione “liberata” si porta a rimorchio sempre un ragionevole dubbio sulla certezza delle fonti. In questa confusione un’analisi critica, ad esempio degli avvenimenti, risulta essere, per assurdo, ancora più facilmente manipolabile».

Quali sono i suoni del mondo che oggi destano maggior interesse in voi?

«I suoni del mondo ci intessano tutti nel momento in cui sono in grado di raccontare una realtà, una cultura o anche semplicemente una “scena”. In un mondo di emozioni “plasticose” e costruite a tavolino, probabilmente bisogna andare alla ricerca di ciò che è “reale”, organico. E’ forse questo il motivo per il quale la musica live mantiene sempre intatto il suo fascino, e non conosce crisi. Credo che nell’ultimo decennio siano venute fuori cose molto buone come sempre. Magari sono arrivate da zone del mondo “nuove”, meno tradizionali musicalmente parlando. Voglio essere positivo e inserisco anche l’Italia tra questi Paesi».

La presenza nel disco di Cristina Donadio, la Scianel di “Gomorra”, offre lo spunto per parlare anche della serie di Saviano. E’ vero che i napoletani hanno un rapporto conflittuale con questa fiction? 

«Non ho guardato la serie. Posso confermarti che, data l’enorme risonanza, ha provocato una forte discussione in città. Credo che ciò sia naturale e faccia parte del gioco (oltre che fare gioco).
In ogni caso, considerando che ci troviamo nella sfera dell’entertainment, non riesco, personalmente, a dare troppo peso alle polemiche».

Dei Talent che opinione hai?

«Uno degli aspetti più tristi dei Talent in Italia è che si vanno a giudicare e premiare solo le qualità di interpreti di questi ragazzi, cancellando di fatto decenni di tradizione cantautorale italiana. Il tutto risulta alquanto “vintage” in quella che mi appare come una rivisitazione attualizzata dei concorsi tipo “Trova la voce” degli Anni ’50 del secolo scorso».

Come si esce da questo “Tiempo Niro” fatto di crisi economica, sociale e politica? 

«Il “Tiempo Niro” è anche fortemente dentro di noi. E’ la paura con la quale siamo quotidianamente alimentati. E’ la chiusura nei confronti dell’altro che abbiamo sviluppato come difesa. Dobbiamo ripartire forse anche da noi stessi, ma camminiamo su macerie culturali ultradecennali, non sarà semplice».

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