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RADIOMUZAK «Il ruolo dell'Artista non è mai cambiato nei millenni, e sicuramente non è mai stato quello di intrattenere»

Il loro è un rock genuino, vecchio stampo ma ben piantato nella contemporaneità. Ecco che dunque, le risposte dei RadioMuzak su queste strane giornate di marzo, hanno quel sapore chiaro e diretto che solo le riflessioni franche riescono a trasmettere.

Pensate che questa situazione e questo riscoprirci terribilmente vulnerabili davanti a un nemico invisibile possano portare, alla fine, a qualcosa di nuovo, a una presa di coscienza (dei singoli) diversa rispetto al passato?  

«Abbiamo scoperto non tanto di essere vulnerabili, quello è un aspetto che dopo poco passa perché è nella natura umana, in fondo lo sapevamo già. Pensiamo piuttosto che la scoperta importante sia aver capito che c’è un altro modo di vivere: più semplice, meno caotico, più green. Speriamo di farne tesoro per il futuro, se non lo facessimo sarebbe davvero un’occasione persa».

Che ruolo può avere, oggi, in questo momento, un artista: intrattenere comunque il pubblico usando i mezzi a disposizione, oppure cercare di elaborare questi giorni provando di conseguenza a dare – tramite l’arte – una chiave di lettura?

«Il ruolo dell’Artista non è mai cambiato nei millenni, e sicuramente non è mai stato quello di intrattenere. L’intrattenimento è il mezzo, non il fine. Lo scopo è piuttosto quello di offrire una visione che possa bypassare il pensiero logico e razionale e rivolgersi all’emotività, ai sentimenti, allo spirito. In momenti come questo l’Artista è chiamato a dare quelle risposte spirituali che permettano alla gente di continuare a sperare in qualcosa per poter andare avanti quando tutto intorno sembra crollare come un castello di carte. Come i dottori, i politici, i panettieri ed altre categorie, anche gli artisti giocano il loro fondamentale ruolo, anche se forse ce ne rendiamo conto solo in contesti di crisi. Oggi abbiamo, ancora una volta, l’opportunità di imparare qualcosa».

Napoli, la vostra città, e la Campania in generale, stanno attraverso mille difficoltà. Come stanno vivendo i napoletani (o come state vivendo voi) questo momento così particolare e carico di tensioni?  

«E’ difficile credere che nascere in un punto della Terra piuttosto che in un altro cambi la percezione che ognuno di noi ha difronte al pericolo. Mai come oggi è evidente che siamo tutti sulla stessa barca. E’ altrettanto chiaro però che le differenze culturali portano a reagire in maniera differente, a seconda di dove si è nati. Qui a Napoli si impara sin da piccoli che “Stamm’ Sotto ‘o Cielo”, come recita il detto. Conviviamo da sempre con la spada di Damocle rappresentata dal Vesuvio, e siamo convinti che questo monito stampato nel nostro DNA sia alla radice del nostro modo di intendere la vita: intensa, bellissima ed effimera. Siamo consapevoli che la morte sia una compagna che prima o poi sarà inevitabile, tanto vale prenderla a “fischi e pernacchi” e riderne finché si può. Così alla fine finiamo per essere tutti innamorati del nostro “Creator Vesevo”, creatore per una vita intera, con la sua terra fertile, con il suo abbraccio tra sole e mare, e se va male sarà distruttore soltanto una volta nella vita. Il parallelismo con questa pandemia è inevitabile, per cui cerchiamo di trarne il meglio nonostante la grave minaccia che rappresenta. Con questo non vogliamo assolutamente sottovalutare il pericolo o addirittura negarlo, solo cerchiamo di non lasciarci attanagliare dall’angoscia».

Chiusi in casa, e talvolta in una condizione di solitudine terribile, cosa può avvicinarci alla felicità?

«Qualcuno potrebbe rispondere il vino, qualcuno la compagnia di un prete, qualche altro due belle ragazze. In realtà siamo convinti che la felicità non possa dipendere da fattori esterni, che sia in verità uno stato spirituale intimo e profondo che ognuno può raggiungere anche nei momenti più difficili. Certo, una bella canzone, pure soltanto ascoltata o canticchiata, magari che ti riporta alla mente qualche bel ricordo, potrebbe infondere un po’ di ottimismo. Attualmente quello che ci pesa di più è proprio il non riuscire a trovarci per suonare insieme, raggiungere quello stato di comunione spirituale che rende la Musica tanto importante nelle nostre vite, per di più in un momento come questo in cui avevamo appena cominciato a lavorare al nostro secondo album, ma siamo sicuri che riusciremo a trovare il modo di andare avanti. Si tratta solo di ricalibrare il nostro modo di fare le cose».

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