GIANLUCA DE RUBERTIS «In Italia l'intelligenza non fa notizia...»
Si chiama “L’universo elegante” (MArteLabel) il nuovo album di Gianluca De Rubertis. Un disco che ha origine dalla vita, la vita fisica, mentale e sentimentale dell’uomo, vista dal minuscolo all’infinito, dalla briciola al siderale. Il primo singolo estratto – “Mai più” – vede l’artista già noto al largo pubblico per il suo lavoro con Il Genio, duettare con Amanda Lear.
La prima cosa che voglio chiederti è sui personaggi del video di “Mai più”. Come va a finire la storia fra i due?
«Il video è una citazione da “Il caso Thomas Crown”, un vecchio film con Steve McQueen e Faye Dunaway. I due giocano a scacchi ma la partita si trasforma in una sorta di flirt amoroso e ammiccante che vede scacchisticamente soccombere l’uomo, questo è il finale. Certo, oltre la fine di qualsiasi storia è sempre lecito immaginare ciò che si vuole».
Da una tua intervista recente: “In Italia veniamo bistrattati, facciamo dischi e ci dicono che sono porcherie; poi spedisci una canzone in Francia e il manager della Lear ti dice che è figa… Significa che c’è qualcosa che non va”. Cos’è che non va qui da noi?
«Semplicemente, in Italia, l’intelligenza non fa notizia. Le cose intelligenti, perciò, vivono all’ombra di un menefreghismo alimentato da superficialità varie ed eventuali, in rete, in tv, al cinema, nei club in cui si suona dal vivo, ovunque. Non dico che sia sbagliato, ma mi pare che sia così; non dico nemmeno che la Francia sia un Paradiso di cultura, però forse una minima attenzione verso il pop d’autore e coraggioso resiste».
Sempre da una tua recente intervista: “…soffro molto per le cose piccole. Le cose grandi, forse, mi impressionano meno”. Quali sono le “cose piccole” che ti causano sofferenza?
«Lo sguardo di un uomo che si accorge di essere vecchio, ad esempio, o quello di una donna che è vecchia ma non se ne rende ancora conto. L’Essere umano è ridicolo, dalla nascita alla tomba, siamo ridicoli, minuscoli, a volte abbietti, altre volte anche generosi, ma deboli, fragili, sbagliati, tutto questo, ad esempio, mi fa soffrire».
“L’universo elegante”, rispetto ai tuoi lavori passati, è meno estetica e più contenuto. Era uno degli obiettivi di partenza?
«Non mi pongo obiettivi, non ci si possono porre obiettivi se si scrive sinceramente. Credo di essere stato sincero, questo almeno».
Parlami de Il Genio. Pensi che il progetto abbia dato già tanto (o tutto) oppure pensi che abbia qualcosa da dire e cosa? Insomma, qual è la traiettoria attuale?
«Il Genio ha sicuramente ancora delle cose da dire, io e Alessandra (Contini, l’altra voce del progetto, ndr), insieme, scriviamo divertendoci e questa è una cosa molto rara. Torneremo».
Perché due ragazzi che azzeccano una hit pazzesca, poi decidono di non replicarla tot volte (o all’infinito) e anzi, si guardano bene dal flirtare con la grande discografia?
«Perché sono due ragazzi che provano ad essere sinceri e odiano scendere a compromessi».
Nella tua musica le donne sono spesso comparse e protagoniste. Che opinione hai delle ragazze, delle donne del 2015? Come si conquistano?
«Non credo si possa fare un distinguo di questo tipo. Io non ho mai ingaggiato strategie di conquista e credo, anzi, che chi si dispone da stratega, in amore, risulti noioso, pedante, stupido, disonesto. Perciò, per quel che mi riguarda, ho sempre fatto quello che sentivo di fare. Le donne, nel 2015, sono come sempre sono state le donne, tante meravigliose ed altrettante insopportabili, tante intelligenti e sensibili ed altrettante meschine e stupide».
La tua arte – in parte – prende spunto dalla grande canzone d’autore italiana e da quella francese. Qual è però il tuo rapporto con i linguaggi che oggi vanno per la maggiore, e mi riferisco soprattutto al rap?
«Mi interessa molto, non sono un esperto e non ascolto il genere per scelta, ma quando passa in radio mi fermo ad ascoltare, sono curioso. Il rap è un derivato della scrittura in versi, comunque, ha una metrica, un ritmo, può essere anche poesia, ed oggi, anzi, tra tanti millantatori delle lettere, alcuni rapper meritano davvero molto. Non escludo di dedicarmi ad un ascolto più approfondito in futuro».
L’essere talvolta descritto come una persona schiva e spigolosa ti infastidisce, non ti interessa? E’ anche un modo per chiederti se il tuo carattere è mai stato un limite per la tua carriera artistica.
«Come potrebbe infastidirmi il fastidio degli altri? Le carriere, inoltre, non mi interessano, mi interessa la vita, e la vita io la divoro, è l’unica cosa interessante che resta all’uomo, proprio perché non si comprende. Le cose che capiamo, quelle scontate, quelle facili, non ci annoiano forse mortalmente?».