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EUGENIO FINARDI «Quando ripenso all'Eugenio dei primi dischi provo grande tenerezza»

Prendi due grandi artisti, li metti assieme e alla fine di cosa parlano? «Con Fabrizio De Andrè parlavamo di piante, facevamo lunghe chiacchierate sulle piante. Erano momenti belli, i nostri». Parola di Eugenio Finardi, mister “Musica Ribelle” o “Extraterrestre” o tante altre canzoni che sono già entrate nella cultura nazional-popolare italiana. «Assieme a Faber facemmo un tour negli Anni 70, per me era il primo in assoluto. Davvero una bellissima persona, Fabrizio. Sa cosa non gli piaceva?».

Cosa?

«Quando lo trattavano da reliquia. Fabrizio amava chi non lo trattava da Fabrizio De Andrè. Per lui era uno stress assurdo essere considerato al pari del Dalai Lama da taluni. Discutevamo di politica e soprattutto di piante: ritrovandoci spesso in Sardegna, non era raro che intavolassimo lunghe chiacchierate coi contadini del luogo».

Manca la musica da questo quadretto…

«Mai parlato di musica con Fabrizio».

Con quali altri artisti ha legato così tanto nel corso della sua carriera?

«Con Roberto Vecchioni abbiamo un bel rapporto. Lui e De Andrè saranno sempre parte della mia famiglia».

Passo indietro: cosa ricorda dei suoi inizi nel campo della musica?

«Mi ricordo pochissimo, solo dei flash. Quando ripenso all’Eugenio dei primi dischi provo, oggi, grande tenerezza».

Anche per i giovani di oggi?

«Mi sembrano poco idealisti e un po’ troppo realisti. Non si rendono conto dei diritti che dovrebbero avere. Vivono e viviamo in un Medioevo dove l’adorazione del Dio Denaro sovrasta ogni cosa. Questi ragazzi subiscono Sergio Marchionne (l’amministratore delegato della Fiat, ndr) senza dire nulla, gli unici che si incazzano sono i 50enni e i 60enni».

Molti ragazzi sognano di andare in America. Lei che ha il doppio passaporto ha mai pensato di scappare dall’Italia?

«Per andare in America bisognerebbe, prima di tutto, farsi piacere gli americani. Inoltre da anziano credo che sarebbe atroce per me dover rinunciare al bidet. Meglio restare in Italia, Paese che spesso mi fa incazzare, che mi frustra parecchio, ma che amo».

Dopo una carriera piena di soddisfazioni, cosa le manca? Magari un impegno nella cosa pubblica?

«Cioè il politico? Mai avuta l’aspirazione. L’unica carica pubblica che potrei ricoprire sarebbe quella di dittatore o proconsole unico. Gli artisti per loro natura sono degli autocrati».

Ora vanno di moda i talent show. Le piacciono?

«Mai vista una puntata di “X-Factor”, mai vista una puntata di “Amici”, mai vista – sorride – una puntata de “La Domenica Sportiva”».

I giovani credono molto ai talent show come trampolini verso il successo…

«Alla fine emerge soltanto un ragazzo su mille, diecimila, centomila, e per gli altri il ritorno alla normalità è un grave trauma».

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