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LE RIVOLTELLE «La nostra musica è il frutto di quattro anime musicalmente diverse che si fondono in un’unica voce»

“Quella band è composta da quattro lesbiche”. E’ stata un’estate particolare, quella delle calabresi Le Rivoltelle, protagoniste di un attacco sessista che ha fatto clamore e che è culminato in un concerto annullato a Rossano. Messa da parte l’amarezza, è tempo di guardare oltre ma senza perdere di vista ciò che la vicenda ha insegnato alla band. Il polverone si è dissolto, l’arrabbiatura meno.

Mi piacerebbe prima di tutto capire il contesto nel quale siete cresciute, perché la Calabria è una terra che può avere mille facce. Può essere cinica e spensierata. Voi da quale Calabria siete state cullate?

«Amiamo definire la Calabria come “croce e delizia” delle nostre vite ed è proprio questo che rappresenta per noi. L’attaccamento viscerale alla nostra terra ha sicuramente influenzato molte delle nostre scelte umane ma non artistico–musicali. Come ogni regione meridionale porta dentro di sé delle contraddizioni molto forti e difficili da superare ma ha un potenziale umano veramente notevole e conserva ancora dei riti e dei paesaggi naturali impossibili da dimenticare».

Dove vi siete conosciute?

«Noi ci siamo conosciute all’Università della Calabria in un contesto culturale molto fervido e stimolante».

E’ un luogo comune dire che per una donna, in Italia, è più difficile fare musica oppure è proprio il mestiere di musicista che negli ultimi anni è diventato durissimo da intraprendere?

«Per una donna, in Italia, crediamo sia difficile fare tante cose e non solo la musicista. Esistono ancora tanti e troppi pregiudizi di genere che vanno affrontati e superati. Esistono preconcetti che agiscono anche in maniera inconsapevole e che impediscono alla donna di affermare la propria individualità e la propria autonomia. Detto questo, è sicuramente dura, oggi, decidere di intraprendere la carriera di musicista a prescindere dall’essere uomo o donna».

A mente fredda, cosa vi ha insegnato il concerto annullato a Rossano? E soprattutto vi aspettavate un polverone come quello che poi è nato?

«Ci ha dato ragione della nostra scelta di denunciare il pregiudizio sessista e sessuale che è stato operato nei nostri confronti perché evidentemente questo pregiudizio non solo non è stato superato ma ancora vive nella mente e negli atteggiamenti di molte persone. Sicuramente non ci aspettavamo nulla di quello che poi è successo e questo crediamo sia un chiaro segnale della necessità di parlare apertamente di alcuni temi delicati come, in questo caso, l’omosessualità».

Contro di voi si sono mosse le parrocchie. Che rapporto avete con la fede?

«In realtà nessuna diocesi si è pronunciata apertamente contro di noi. Ognuna di noi ha le proprie convinzioni religiose che vive in modo autentico e passionale».

Qualche maligno ha sostenuto che dal clamore di Rossano avete tratto pubblicità gratuita. Vi feriscono certe considerazioni?

«Ci feriscono e ci offendono. Non avremmo mai messo a repentaglio la nostra felicità ed il nostro benessere per avere in cambio qualche “like” in più. E’ stato un momento molto doloroso per ognuna di noi, sono state dette delle cattiverie gratuite nei nostri confronti che ci hanno fatto molto male. Fortunatamente l’affetto e il sostegno dei nostri fan e di tutti coloro che hanno creduto sinceramente nella nostra “battaglia” ci hanno ricompensato del dolore speso».

Sognate un palco come quello di Sanremo? 

«In realtà non abbiamo mai pensato seriamente di partecipare al Festival di Sanremo. E’ sicuramente una vetrina importante che farebbe gola a qualunque musicista ma non è sicuramente il nostro sogno nel cassetto».

Se doveste usare una definizione incisiva, come definireste la musica de Le Rivoltelle?

«Rifuggiamo etichette e classificazioni, la nostra musica è il frutto di quattro anime musicalmente diverse che si fondono in un’unica voce. Se dovessimo scegliere un genere che rappresenta tutte e quattro, il rock sarebbe sicuramente quello più azzeccato».

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