FRANKIE HI-NRG MC «Con "Artune" porto la musica nell'arte. E sul rap di oggi vi dico che...»
«E’ un buon momento, sto lavorando parecchio, sto realizzando progetti che mi piacciono e mi gratificano, come nel caso di “Artune”, poi ho in programma tante altre cose belle». E’ soddisfatto Frankie hi-nrg mc. Proprio in questi giorni ha debuttato su Spotify “Artune”, l’innovativo progetto di storytelling musicale per l’arte che coinvolge capolavori, musica e web, creando una nuova forma di narrazione delle opere. Oltre a Fiorella Mannoia, Niccolò Fabi, Caparezza, partecipano anche lo stesso Frankie hi-nrg mc, Giuliano Sangiorgi e molti altri. Tutti hanno realizzato le playlist ispirate alla visione di un quadro. «“Artune” sta funzionando, sta piacendo, stiamo ricevendo delle richieste anche da altre istituzioni legate all’arte, sia museali e non solo, per questo formato di promozione artistica».
Una bella soddisfazione…
«Sì, perché è bello imporsi all’attenzione con un progetto che parla di arte utilizzando dell’altra arte e coinvolgendo artisti. Di solito le cose funzionano se ci sono i soldi alla base, questa invece è un’attività che al centro non ha i soldi, ma nonostante ciò piace, attira».
Come hai coinvolto gli artisti che fanno parte del tuo nuovo progetto?
«A tutti quanti ho detto più o meno la stessa cosa. Gli ho raccontato come funziona “Artune”: “…io ti mando la fotografia di un quadro, fatti ispirare da esso, fammi la playlist di 5 brani e un minuto e mezzo di commento, in assoluta libertà, metti la musica che ti pare, il genere che ti pare, la durata che ti pare, nel commento parla di quello che vuoi, parla di te o racconta un aneddoto. Unico vincolo, oltre naturalmente al quadro, la presenza su Spotify del materiale selezionato”. Ebbene, nel giro di un paio di settimane si sono attivati tutti e mi hanno mandato le loro playlist, con grande entusiasmo e il piacere di partecipare a una strana novità».
Qualcuno ti ha detto di no?
«No, nessuno, tutti quelli che ho contatto hanno dato il loro ok».
Buoni amici o buona l’idea?
«Credo entrambe le cose. L’idea sembra una buona idea e gli amici sono indubbiamente ottimi».
Cos’altro bolle in pentola…
«A settembre per un periodo abbastanza lungo mi sposterò a New York per realizzare altri progetti, fra cui una mia mostra fotografica che poi porterò anche in Italia».
Pensi anche a un disco?
«No, per adesso no».
Dimmi qualcosa della scena hip hop attuale? Il rap è ovunque: in tv, radio, Talent, Sanremo…
«Sì, anche se più o meno sono sempre gli stessi nomi che girano, pertanto non so quanta voglia di hip hop ci sia realmente, diciamo semmai che c’è voglia di quei soliti nomi».
Salmo è il rapper più interessante attualmente. Trovo la sua musica dotata di maggior personalità rispetto ad altre proposte. Lui si preoccupa poco delle mode e dei trend del momento, ma bada a fare cose interessanti, nuove, mirate a spostarsi in altre direzioni
Chi ti piace delle nuove leve?
«Diciamo che di questa ultima ondata, quello che trovo più interessante è Salmo. Trovo la sua musica dotata di maggior personalità rispetto ad altre proposte. Lui si preoccupa poco delle mode e dei trend del momento, ma bada a fare cose interessanti, nuove, mirate a spostarsi in altre direzioni».
In Italia o altrove ci sono progetti musicali che stuzzicano il tuo interesse?
«Sono un ascoltatore di musica atipico. Preferisco, alle novità di oggi, andarmi a riscoprire qualcosa di 20 o 30 anni fa che magari non conoscevo o che conosco poco».
L’hip hop, in Italia, lo hai visto nascere. Hai avuto un ruolo importantissimo. Questa funzione trovi ti venga riconosciuta nell’ambiente?
«Onestamente non lo so, non mi sono mai posto il problema. Boh. Forse sì, forse no, non è un mio argomento, sono altri che devono dire e verificare se la cosa è realmente accaduta».
Te lo chiedo perché oggi va di moda intestarsi tutto in ambito hip hop e fare a gara a chi è più… king degli altri.
«Ma magari hanno ragione loro. Sai, per me non è mai stato importante essere il primo, essere il migliore, oppure dichiarare di essere il primo o il migliore, non mi è mai interessato, non mi riguarda. Mi sembrano anche discorsi sterili. Se qualcuno deve stabilire una classifica, quel qualcuno non posso essere io, altrimenti rischio di fare come quello che si candida e poi vota per se stesso e se ne vanta pure. Robe imbarazzanti».
Frankie. Anno 1992. I primi concerti. Che sensazioni hai quando ci ripensi?
«Ricordo un Francesco inesperto, un entusiasta, col coraggio dato dalla completa assenza di percezione delle difficoltà e degli eventuali problemi. Un entusiasta, ma anche un talentuoso, visto che tuttora canto delle canzoni che ho scritto all’epoca, pezzi che canto sempre volentieri e per i quali ricevo delle ottime risposte dal pubblico».
In “Verba Manent”, il tuo primo lavoro, parlavi di un’Italia allo sbando. Oggi le cose sembrano andare persino peggio…
«Perché le cose sono peggiorate, perché l’Italia è andata in quella direzione che io indicavo come sbagliata».
Vedi spiragli positivi?
«No, perché non vedo una gran voglia di risolvere i problemi, vedo un grande desiderio da parte di tutti – parlo di Destra, Sinistra, Centro, scena antagonista, i leghisti, i fascisti, tutti insomma – di asserire il proprio ego, asserire se stessi, indipendentemente dall’ambito e dagli effetti collaterali. Non c’è il desiderio di perdere – anche solo per un attimo – la propria identità conseguendo un obiettivo comune che rappresenti un risultato di progresso per tutti. Un po’ come quelli che dicono in ambito hip hop “…io sono il King di qua, io sono il meglio di là…“, anche in politica (e non solo) si fa a gara a partecipare a una sorta di festival del degrado collettivo».
Il premio qual è?
«L’ignoranza, perché l’ignoranza non è un disvalore, anzi, è un grande valore nella nostra società, perché che senso ha studiare anni e anni per poi fare che cosa? Il disoccupato? No, no, meglio rubacchiare, farsi amico Tizio, cercare di entrare nel meccanismo di Caio, fare pompini a Sempronio. Ecco, fai così e vedrai che di strada ne farai un sacco, altro che quei coglioni che stanno lì, studiano, spendono un sacco di soldi e poi si mettono a piangere e poi magari alla fine – traditori! – scappano dall’Italia. Sono questi i discorsi che sento fare e che non danno speranza per il futuro».
Quali altri discorsi senti fare?
«Adesso va di moda parlare della crisi della Grecia. Senti robe del tipo: “…ma quelli hanno vissuto oltre le loro possibilità, hanno evaso il fisco, i politici si sono mangiati anche il Padreterno, adesso cosa si mettono a supplicare sconti? Non hanno pagato i loro debiti? Ah, belle merde!”. Come se noi vivessimo al di sotto delle nostre possibilità per colpa dei greci. Semmai siamo costretti a vivere al di sotto delle nostre possibilità per colpa di una classe politica che andrebbe defenestrata ma seriamente. Ci vorrebbero 5 minuti di lucidità collettiva per ribaltare questo sistema e mettere delle persone migliori a controllare la cosa pubblica, però la propensione che abbiamo nel dna è quella di individuare il più debole e accanirsi. Ci piace accanirci sul più debole perché andare contro il più forte crea solo problemi, quindi è meglio stare nel flusso delle cose e vedere se si può guadagnare qualcosa».
Non ci sono speranze?
«Ho poche speranze perché purtroppo la maggioranza che potrebbe muovere le cose sta zitta, non si pronuncia, è silenziosa. Nel nostro Paese esiste una parte sana della società ma è silenziosa».
Magari preferiscono delegare e votano pertanto Beppe Grillo…
«Non lo so e la cosa non mi riguarda. Io ormai è da alcuni anni che voto soltanto le persone che conosco personalmente, non mi interessa il loro partito politico di appartenenza, voto la persona e dico chiaramente a quella persona: “Io ti sto dando il mio voto e nel momento in cui tradisci le mie aspettative io ti sputtano ovunque, divento il peggiore dei tuoi nemici”. Non voto più persone che non conosco».
Niente più voti alle ideologie?
«Non voto alcuna ideologia. Che senso ha votare l’ideologia della Sinistra quando è rappresentata dal Pd? E poi sarà mica il Pd la Sinistra? Non mi basta che c’abbiano il logo o che ci sia scritto su Wikipedia che rappresentano la Sinistra. Mi interessa avere nella cosa pubblica delle persone valide, che abbiano carisma in modo da coinvolgere anche i più tiepidi. Oddio, è sempre un po’ un imbarazzo trovare chi votare oggi – sorride – ma non perdiamoci d’animo».
Dimmi la tua sui Talent…
«Vent’anni fa c’erano le case discografiche, c’era un mercato florido, c’erano canali tv monotematici, c’erano in edicola riviste scritte da persone competenti. Oggi tutto questo non c’è più, ci sono i blog e i Talent e bisogna rapportarsi con essi. Forse oggi, fossi un esordiente, parteciperei anch’io a un Talent, è un percorso che non garantisce nulla, però è quello che sembra essere il percorso che l’industria musicale offre».
E’ una via obbligata, insomma…
«Non ci sono alternative. O meglio: l’alternativa può essere il farsi il disco a casa, autoprodurlo, poi autopromozionarlo, ma rischi di essere una voce nel grande mare di Internet. Se invece hai l’ambizione di lavorare con le case discografiche, allora il Talent è un passo obbligato, perché i nuovi artisti li selezionano da quel giro lì».
Forse manca la competenza che avevano certi discografici del passato…
«Mancano tante competenze. Pensa solo ai recensori di dischi. Una volta uno leggeva delle recensioni, e scopriva che c’era un recensore che aveva più o meno i tuoi gusti e quindi quando Tizio diceva “…occhio, questo disco è bello, mentre quest’altro fa cagare”, andavi sul sicuro e compravi quello bello. Oggi non c’è più granché sotto questo punto di vista. Oggi c’è una naturale tendenza al “radical chic”. Quindi leggi cose del tipo: “…il gruppo X è strano, è un gruppo di ragazzi debosciati, un po’ sfigati, che non meriterebbero nulla, ecco, sono i migliori, sono fantastici, fanno cagare, ma che fighissimi che sono“. C’è questa tendenza oggi. Per carità, ognuno si goda il successo che ha raggiunto, ma sarebbe bello ci fosse un po’ più di cultura in giro, di rispetto, di cultura musicale».