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HIGHSNOB «Vivo in un caos ordinato»

Quando dai del “personaggio” a un artista non è mai un complimento. Però nel caso di Highsnob siamo alla classica eccezione che conferma la regola, perché parliamo di un personaggio anomalo nella scena rap italiana, uno che è spesso andato fuori dal seminato, e non per “fare grosso” ma perché l’istinto alcune volte l’ha portato a scegliere percorsi più complicati. Tuttavia, eccolo qui, senza grossi mezzi alle spalle o amicizie ruffiane da coltivare, ma con un seguito da star del genere. “Bipopular” è il suo nuovo disco di inediti. Inutile dirvi che è fra i nostri rapper preferiti.

La tua carriera/vita finora è stata piena di colpi di scena: dai casini con Newtopia ai problemi con le dipendenze. In tutto questo mare pieno di onde, la musica che ruolo ha giocato?

«La musica ha sempre giocato un ruolo chiave all’interno della mia vita. Un tempo la musica la davo per scontata, come se le fosse dovuto starmi accanto. Ho cominciato a darle il rispetto che merita con il tempo, una volta capito il vero potere che ha esercitato su di me e che sta esercitando sugli altri, tramite me».

Pur non avendo mai potuto disporre di grossi mezzi di promozione, il tuo nome è diventato popolarissimo. Cosa pensi che i tuoi fan ritrovino in te che non trovano negli altri rapper italiani?

«La sincerità. Non mi fa paura mostrarmi per quello che sono. I miei trascorsi di vita un po’ rocamboleschi mi hanno fatto capire che l’onestà è alla base di un rapporto duraturo tra le persone. I fan per me sono sacri, cerco di instaurare un micro dialogo con ognuno di loro tramite Instagram o durante i live, questo è il mio modo per ringraziarli e loro apprezzano».

Hai spesso mescolato le carte nella tua musica. “Bipopular” è perfettamente il disco che volevi oppure avessi avuto ancora un po’ di tempo lo avresti stravolto?

«Stravolgo tutto ogni giorno, fa parte del mio essere. Vivo in un caos ordinato. Quindi la risposta a questa domanda è complessa. Avessi avuto più tempo, sicuramente alcune variabili avrebbero potuto modificare il corso delle cose e di riflesso lo sviluppo dei brani, ma non lo saprò mai».

Arcola e Milano, casa tua e la città dove si è tutti un numero. Cosa ti piace di Milano e cosa rimpiangi di Arcola?

«Non mi sono mai sentito un numero in questa città, adoro Milano per la sua accoglienza e anche per il suo essere menefreghista, cosa che per un tipo riservato come me è un valore aggiunto. Arcola invece, è come un cassetto dei ricordi, c’è dentro tutto il bene e il male degli anni trascorsi lì e quando torno riapro volentieri quel cassetto, sia per mostrare a me stesso i passi che ho fatto sia per non scordare mai chi sono stato».

Quando scrivi, senti il peso di avere dall’altra parte gente che presta molta attenzione ai tuoi messaggi?

«Sì, il peso lo sento molto, non sono però nessuno per dispensare consigli: la passione per quello che faccio mi porta sempre ad analizzare il contenuto cercando di lasciare una piccola morale (quando la canzone lo prevede) alla fine del brano. A livello comunicativo, nei testi, inserisco una lettura che va a “strati” dove si parte dalla parte più superficiale della canzone nella quale si può percepire solo ritmo e melodia a quella più profonda che si percepisce nel tempo e che è poi quella più emozionale. Detto in breve, sì, sto molto attento al messaggio che voglio dare in relazione a chi lo ascolterà».

Se dovessi pensare a un rapper che ti ha spinto a fare rap, a chi penseresti?

«Jovanotti. Il primo rapper che ho visto in vita mia è stato lui, avevo 3 anni».

Tra Michele (il tuo vero nome) e Highsnob c’è tanta distanza? 

«Sono la stessa identica persona, c’è tutto Michele nelle canzoni di Highsnob. Diciamo che Highsnob è come la tuta per Spiderman, una volta tolta i superpoteri restano».

Michele e Highsnob. Chi dei due metterà per primo la testa a posto?

«Hahaha, dipende da cosa significa “mettere la testa a posto”. Se nella società in cui vivo è quella frase che indica “quando smetterai di credere nei tuoi sogni e ti troverai un lavoro che ti consentirà di comprarti a rate l’auto che ti porterà a lavoro per pagarti l’auto?”. In questo caso, la mia risposta è “mai!”».

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