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MARTI STONE «Ho tracce per farne due di album, bisogna solo capire a chi affidare il mio materiale...»

Un singolo già fuori – “Bossy” – e uno in arrivo ad aprile, ma attenzione, in questa intervista Marti Stone parla anche del perché è finita con La Grande Onda, la sua precedente etichetta, e della scena rap italiana, lanciando tutta una serie di interrogativi ai discografici del nostro Paese.

“Bossy” anticipa quali altri progetti e con quali scadenze – se naturalmente ci sono? Pensi a un disco vero e proprio?

«”Bossy” è l’anno zero, come se non ne avessi fatta mezza delle centinaia di tracce fatte finora. Anticipa un nuovo filone che seguirà l’unico filo comune di non seguire un filo, questo non renderà il progetto nonsense ma gli attribuirà una particolarità inaspettata. Starà all’ascoltatore mettere insieme i punti per creare il disegno. Il prossimo singolo uscirà a metà aprile e ho abbastanza tracce per farne due di album, bisogna solo capire a chi affidare il mio materiale, sai – sorride – dopo l’ultima esperienza…».

Il mondo del rap al femminile è quasi una riserva indiana in Italia. Il pubblico tende a pensare che sia più credibile un rapper maschile rispetto a uno femminile?

«Questa è una delle poche domande intelligenti che mi sono state poste su questo tema. Certamente è così, il pubblico si fida più di un rapper uomo perché ha un precedente di rapper di sesso maschile che ha rappresentato egregiamente questa musica e cultura, dal punto di vista femminile invece siamo un po’ carenti nonostante l’Italia abbia avuto female rappers rispettabilissime in passato. Oggi invece siamo molte, ma di affidabili ancora poche – si contano sulle dita di una mano. Ma se la domanda è “perché?”, rivolgiamola ai discografici italiani. Perché preferite spingere un ragazzino creato a tavolino invece di una donna che ha “tanto background” oppure se proprio dovete produrre una donna, perché ne preferite una che sta perfettamente nello stereotipo italiano? E aggiungo: non credete che rischiare su una “Vera” possa farvi guadagnare molto di più proponendo allo stesso tempo un prodotto valido alla gente stufa di assumere surrogati di realtà?».

Il rap è ormai un fenomeno di massa anche qua da noi. Chi però, secondo te, sta davvero portando innovazione e cose interessanti sulla scena italiana? 

«In Italia, fuori dall’underground, pochi nomi: Ghemon, Salmo e sicuramente pochi altri che mi sfuggono al momento».

Quanto continua a ispirarti il rap americano?

«La scena americana continua ad essere oro per me, bisogna selezionare le fonti di ispirazione e leggere tra le righe ma anche da un pezzo commerciale come “Anaconda” di Nicki Minaj c’è molto da imparare: a me personalmente il singolo in questione non piace, ma ha saputo suggerirmi alcune svolte importanti».

Cosa ti ha insegnato l’esperienza con La Grande Onda e cosa ti ha spinto a lasciare l’etichetta romana?

«Ringrazio sempre chi non mi ha trattata bene perché mi ha insegnato più di altri “trattamenti”. La Grande Onda mi ha insegnato a non fidarmi facilmente in questo ambiente di squali e a pretendere di più quando sai di avere le carte in regola per ottenerlo. Ho lasciato l’etichetta perché non sono stati rispettati dei punti fondamentali del contratto da parte loro e conseguentemente a questo il mio progetto non è stato supportato come avrebbe meritato».

Chi inizia ora a fare rap, cosa dovrebbe sapere di essenziale su questo genere così inflazionato? Tutto parte della strada o è solo un luogo comune?

«Tutto è partito dalla strada, ma cos’è la strada? E’ il luogo in cui ci si guarda in faccia e ci si relaziona senza tramiti o schermi, il luogo in cui non puoi fingere molto, prima di essere sgamato. Questa è la strada. Pistole, droga, case popolari fanno talvolta (e non sempre) da contorno. Nella tua strada può esserci droga come può esserci l’omino dei gelati, l’importante è che nel tuo rap ci sia il vero: ciò che vivi e ciò che sei. Non abbiamo bisogno di ulteriori copie delle copie delle copie. Provate a tirare fuori l’originalità che avete dentro! Questo è il mio unico consiglio».

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