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LINEA 77 «Con questo lavoro siamo tornati a ciò che siamo sempre stati, ovvero un gruppo popcore»

Oh!” arriverà nei negozi il prossimo 17 febbraio, in pieno post Sanremo. Il nono album in studio dei Linea 77 – che nell’ultimo lustro hanno rimescolato le carte nella formazione – segna un ritorno al popcore. Scopriamo con Nitto, voce del gruppo piemontese, i contorni del nuovo lavoro.

Partiamo dai testi di “Oh!”: spandono tanta disillusione. Per cosa vale la pena lottare oggi?

«Credo ci sia stata una carenza di ideali in quest’ultimo decennio. Un ritorno agli ideali classici, non guasterebbe. Manca l’idea del bene, perché il bene in Italia si identifica con l’egoismo personale, con la cura del proprio piccolo giardino, si fa fatica a pensare in maniera più ampia, avendo a cuore gli interessi della collettività».

Nella vita quotidiana, che ormai ci offre la possibilità di sapere tutto di tutti in tempo reale, cosa ti fa ancora dire “oh!”?

«Esistono due tipi di “oh!”, quello di stupore e quello di ribrezzo. Nel primo caso, mi vengono in mente i tanti posti che ho scoperto nel corso della mia vita, il secondo esempio lo lego al degrado dell’umanità».

En?gma ha una cultura fuori dal comune, lui usa il rap in chiave aulica, in maniera sempre pungente, non si sofferma sulle classiche cazzate come droga, figa e soldi

In “Luce” citate anche Ungaretti. Il rap è la poesia dei nostri tempi?

«Sì, ma anche nel rock è riscontrabile la poesia. L’ultimo decennio ha visto l’affermazione del rap, e se penso a gente come Kaos, il termine “poeta” ci sta tutto. Ma è anche vero che tanti rapper usano lo stesso linguaggio, cioè il rap, per esprimere delle cazzate assurde, quindi la forbice è molto ampia e non tutti quelli che usano le rime possono fregiarsi dell’onore di essere considerati dei poeti».

Oltre a Kaos ti viene in mente qualcun altro?

«Colle Der Fomento e Mezzosangue mi piacciono molto, ma ci terrei a citare En?gma della Machete Crew, con cui abbiamo collaborato nel nuovo disco: lui ha una cultura fuori dal comune, lui usa il rap in chiave aulica, in maniera sempre pungente, non si sofferma sulle classiche cazzate come droga, figa e soldi».

Sotto il palco avete visto passare almeno due generazioni di giovani. Quelli di oggi vi sembrano diversi da quelli di ieri?

«Non troppo. I Linea 77 non sono mai stati abbastanza paninari o modaioli da attrarre un certo tipo di pubblico, ovvero quelli che vengono a vederti più per moda che per reale interesse. Quello che però noto, è che molti giovani hanno un background musicale limitato: alcuni non conoscono gruppi come Rage Against The Machine oppure i Led Zeppelin, e la cosa mi stupisce. Purtroppo, forse per colpa delle scuole, il rock non è mai stato seguito più di tanto in Italia, noi siamo pur sempre un Paese neomelodico. Quindi la conoscenza di certe realtà passa dalla voglia di formarsi una cultura privatamente».

Siete in giro da più di 20 anni, che bilancio fai del percorso dei Linea 77?

«Pur non rinnegando nulla, con “10”, il precedente cd, ci eravamo un po’ persi artisticamente. Forse è stata un’occasione mancata, potevamo spingere molto di più. Comunque il bilancio generale è  positivo: ci siamo visti il mondo suonando, e non mi pare una cosa di poco conto».

In passato avete legato il vostro nome al Movimento 5 Stelle. Qual è il tuo rapporto, oggi, con la politica?

«E’ un rapporto praticamente quotidiano, sanguigno. Ho iniziato a seguire la politica che avevo 12 anni. Poi c’è stato un distacco fino ai 16\17, perché  – sorride – avevo scoperto altre cose. Poi sono ritornato a coltivare le vecchie passione, compresa la politica. Noi non vogliamo legare il nostro nome a partiti o movimenti, però sosteniamo i pensieri che reputiamo vicini ai nostri ideali. Ma lo ripeto, non vogliamo legarci a nessuno».

Non votare lo trovo un insulto alle generazioni che hanno conquistato questo diritto col sangue, è fastidioso non esprimersi e poi lamentarsi

Fai parte del primo partito italiano, quello del non voto?

«Non votare lo trovo un insulto alle generazioni che hanno conquistato questo diritto col sangue, è fastidioso non esprimersi e poi lamentarsi. E’ una pratica tipicamente italiana. E’ un atteggiamento che non condivido».

Forse chi non vota lo fa per protesta…

«E posso capirlo, ma chi invece dice che non ci sono interlocutori validi, sbaglia. Ci sono opportunità e referenti preparati che possono dare un senso al voto di ognuno di noi, basta informarsi, ma lo sforzo personale, per l’italiano, è sempre una fatica. Molto più facile prendersi un… “lamentin” al mattino e curare il proprio cazzo di giardino».

So che l’argomento è delicato, ma cos’è successo davvero con Emiliano (ex membro del gruppo)? Pensate ci siano i margini per un riavvicinamento in futuro?

«Sono questioni private. Diciamo che artisticamente volevamo cose diverse. Una reunion dei Linea 77? Non credo, ma nella vitta non si sa mai».

Internet oggi è un’opportunità oppure un grande bluff oppure solo un mezzo buono per vedere le puntate di “House Of Cards”?

«Ma anche per vedere “The Walking Dead”. Battute a parte, è un grandissimo mezzo, con un sacco di potenzialità. Però c’è il rovescio della medaglia: abbiamo tanti amici sui social e poi ci ritroviamo a cena da soli. Insomma, evviva Internet, ma non per passare il tempo su YouPorn».

Sarà, ma siamo tra i Paesi che più cliccano il popolare sito hard…

«Vedi, siamo pigri anche in questo. YouPorn è il passato, potrei farti una lista – sorride – di siti migliori. L’italiano è democristiano, non siamo dei rivoluzionari, ci piacerebbe cambiare le cose ma siamo pur sempre quelli che di fronte all’agire, chiediamo “…ma chi comincia?”. E anche sul porno online siamo affezionati al passato».

“Oh!” sembra il disco di una band all’esordio o che comunque ha appena iniziato, perché ha tanto istinto, tanta rabbia, tanto slancio. Guardando la vostra discografia, idealmente dopo quale album potremmo metterlo e perché?

«Dopo “Horror Vacui”. Ci sono linee in comune con quel lavoro. Inoltre credo che questo compact sia per noi un ritorno a ciò che siamo sempre stati, ovvero un gruppo hardcore e pop, anzi, popcore, come ci è sempre piaciuto definire la nostra musica».

Guarderai Sanremo questa settimana?

«Non lo guardo da anni. Credo che rappresenti la parte più becera della musica italiana, ad esclusione, ovviamente, di alcune proposte. Per un musicista italiano rappresenta un punto di arrivo perché da lì in avanti si possono aprire delle prospettive. Ma la cosa più assurda di Sanremo è il comportamento della discografia, che per una settimana si blocca, ecco perché abbiamo deciso di uscire con l’album proprio in questo periodo».

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