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MAMBASSA «Voglia di adrenalina per tenere in un angolo i fantasmi nella mia testa»

Stefano Sardo è il cantante dei Mambassa, di recente tornati sulle scene con “Non avere paura” dopo un lunghissimo silenzio. Ma Stefano Sardo è anche uno sceneggiatore di successo capace in questi anni di togliersi delle belle soddisfazioni sul grande e piccolo schermo. Se esiste Leonardo Notte, lo spietato personaggio protagonista nella serie “1992” col volto di Stefano Accorsi, è anche merito suo. Proprio in queste settimane Stefano sta lavorando al seguito di “1992”, ma la musica resta sempre qualcosa di imprescindibile.

In un momento in cui hai per le mani tantissime cose, perché rispolverare anche i Mambassa?

«Buona domanda ma non ho una buona risposta. Forse è un misto di ostinazione, attaccamento affettivo e forse anche la voglia di chiudere un pezzo di strada. Sul tavolo avevamo delle canzoni che credevo, e credo tutt’ora, avesse senso far sentire a qualcuno e non conservarle in un cassetto a prendere polvere. Inoltre a me mancava un po’ lo stare su un palco, l’espormi direttamente».

Un bisogno di adrenalina?

«Anche. La vita dello sceneggiatore ti consente di stare dietro le quinte, di guardare il tuo computer e scrivere, scrivere, scrivere, ma a me dà entusiasmo anche la tensione della prima fila, ecco perché sto vagliando l’idea di propormi come regista. In generale questo ritorno coi Mambassa si ricollega inevitabilmente ai miei bisogni: in questa fase della mia vita ho voglia di guardare in faccia le persone, di avere un contatto più fisico col mondo e di tenere in un angolo i fantasmi nella mia testa».

Il nuovo album si intitola “Non avere paura”. Cosa aiuta a far passare la paura?

«Tutto ciò che ci fa essere presenti ci fa passare la paura. Essere presenti significa smetterla di guardarsi dal di fuori, di programmare il futuro nella speranza di controllare la nostra vita, anche perché quando uno prova a dominare a tavolino la vita, poi le cose prendono sempre una piega nuova e diversa, che genera depressione, angoscia. Invece quando si è presenti, quando si vive il momento e basta, la paura va via. Per certi versi, il sesso è un antidoto contro la morte, perché mette in connessione tanti stati in un unico momento, ti obbliga a vivere».

Voi avete iniziato in un’epoca dove c’erano locali e case discografiche. Oggi coi Talent sarebbe diverso il vostro percorso se iniziasse ora?

«Boh, forse sì, visto che è l’unica cosa che seguono i discografici. Magari più che ad “Amici”, ci concentreremmo su “X-Factor”, che io seguo spesso da spettatore. Anche se poi, non credo di essere un cantante in grado di passare quel tipo di selezioni, perché lì sono tutti molto bravi tecnicamente, mentre io non mi sono mai considerato un vero e proprio cantante dal punto di vista della vocalità controllata e di tutte quelle robe lì. Comunque ammiro parecchio tutti questi artisti dalla tecnica perfetta, magari, se posso permettermi, forse a volte c’è tanto controllo e manca un po’ di intensità».

In ambito indie c’è qualcosa che ti piace?

«Sì, mi piace molto il percorso de I Cani e la capacità letteraria di Niccolò Contessa, quel modo di evocare un mondo definito attraverso le parole. Mi sembra molto talentuoso anche Brunori».

Tu ne vieni da un’epoca, quella a cavallo degli Anni Ottanta, fortemente influenzata dalla musica. Oggi, la sensazione, è che siano le serie tv e l’hip hop i nuovi linguaggi. Che ne pensi?

«La musica in passato era la carta di identità delle generazioni, oggi lo è di meno. In passato la tua collezione musicale parlava per te, le persone si qualificavano in base alla loro discografia, adesso in effetti sono le serie tv a tenere banco nei discorsi degli adolescenti e non soltanto. Per quanto riguarda l’hip hop, non è un’invenzione recente: mi ricordo benissimo l’esplosione degli Anni Novanta in Italia e ricordo anche che sembrava un fenomeno del tutto passeggero, e invece si è trasformato sino a diventare il manifesto culturale della generazione Anni Duemila».

Ti ha stupito?

«Sì, non me lo aspettavo».

Oggi c’è qualcosa che ti appassiona in ambito rap?

«No, seguo tutto da distante. Ma in linea generale non ho mai avuto eroi nello specifico. Negli Anni Novanta ascoltavo gli Assalti Frontali perché mi davano l’impressione di avere un messaggio ben preciso da comunicare e anche il primo Neffa (coi Sangue Misto) mi piaceva molto. Sulla scena di oggi, invece, non saprei proprio in che termini esprimermi. Ogni tanto scopro qualcosa di interessante, ma sono ascolti molto veloci e superficiali i miei».

Parliamo di “1992”. Hai notizie di Leonardo Notte?

Sorride: «Sì, ho notizie riservatissime».

Possiamo sapere se sta bene?

«Sta bene, sta bene, ha una grande capacità di superare i problemi di coscienza, quindi non può che stare bene».

Lui ha paura di qualcosa?

«Certo, di finire in prigione, però a parte questo se la passa abbastanza bene. E io sto lavorando per farvi avere sue notizie più dettagliate al più presto».

“1992” è stato un successo straordinario. State lavorando a una stagione oppure a due? Insomma, vedremo contemporaneamente “1993” e “1994”?

«No, una sola. E lasciami aggiungere: per fortuna. Perché non è una serie facile da scrivere, nemmeno dopo aver messo alle spalle una stagione intera. Al momento ci sono tempistiche per l’uscita della nuova stagione, ma sono tempistiche che variano così velocemente che non ha neppure senso renderle pubbliche. Diciamo però che siamo in piena fase di ideazione, poi le cose vanno scritte per bene, va tutto girato e quindi è necessario ancora un po’ di tempo, ma in questo momento siamo concentrati solo ed esclusivamente sul discorso “1993”».

Ti aspettavi un successo di questo tipo?

«Onestamente non sapevamo cosa aspettarci alla vigilia, ma a stupirci veramente è stato il gradimento riscosso all’estero, con recensioni magnifiche e una distribuzione in ben 60 Paesi».

In Italia invece?

«Beh, la reazione è stata quasi isterica a un certo punto, con una corsa affannosa a dare un’opinione su “1992”».

Isterismo come per “Romanzo Criminale” e “Gomorra”?

«Per quanto riguarda “Romanzo Criminale” e “Gomorra”, io ho grande stima per questi prodotti seriali, ma va anche detto che hanno al loro interno dei codici abbastanza riconoscibili per il pubblico. Noi abbiamo provato a battere una strada del tutto originale, quasi temeraria, mischiando storia, noir e altro ancora. E tutto ciò ha creato una fortissima reazione emotiva da parte del pubblico».

Mettiti per un attimo dalla parte del pubblico, quali sono le serie che destano il tuo interesse da semplice spettatore?

«La mia serie preferita in assoluto è “Mad Men“, e poi i classici come “Breaking Bad“, “The Sopranos“. Ho di recente riscoperto una serie che all’inizio avevo un po’ snobbato, ovvero “Boardwalk Empire“, che però è di ottima fattura. Tra le serie nuove (e poco conosciute) mi piace molto “Halt and Catch Fire“».

Di italiano invece c’è qualcosa che ti ha colpito?

«Anche io sono stato impressionato dalla potenza di fuoco di “Gomorra“, ma sono un grande fan di “Boris“, che è espressione di un processo creativo lasciato libero di esprimersi».

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