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CESARE MALFATTI Milano, i La Crus e il mio rapporto con Joe...

Una città esposta” è la nuova avventura musicale di Cesare Malfatti. Una sorta di omaggio a Milano e alla sua arte (nascosta) nell’anno dell’Expo. Tante le collaborazioni presenti nel disco: da Francesco Bianconi (Baustelle) a Paolo Benvegnù.

Partiamo ovviamente da Milano. Ascoltando il tuo album appare finanche bella, artisticamente viva, piena di sorprese. Ma è la stessa Milano dalla quale i milanesi, spesso, vogliono scappare?

«Credo che Milano sia cambiata in questi ultimi mesi, si fugge un po’ di meno e spesso si resta per il weekend, una cosa inedita per il milanese medio che può permetterselo. Ci sono spessissimo tante cose da vedere e da fare, forse sono di parte ma mi sembra effettivamente cambiata».

Anche in questo album la tua voce arriva bellissima. Non hai il rimorso di essere arrivato un po’ tardi all’uso della voce in prima persona?

«Ti ringrazio per il complimento, in effetti è un vero piacere cantare, è come se avessi imparato in poco tempo a suonare un nuovo strumento. Ho abbassato molto il registro in questo disco rispetto ai precedenti e in questo modo mi risulta ancora più facile cantare. Ma posso e devo ancora migliorare».

Questo è un lavoro particolare: solista e di gruppo, personale ma anche “dedicato a…”. In che direzione hai voglia di portare le tue cose nell’immediato ma anche in futuro? Nel senso: hai voglia di tornare a cercare intimità oppure hai desiderio di sviluppare altre collaborazioni?

«Non so ancora quale sarà il mio futuro musicale, mi sto concentrando molto su questo album, c’è molto da fare. Per me il momento compositivo e di arrangiamento è il momento più interessante e piacevole del mio lavoro. Una volta che ripartirò, e un’idea già ce l’ho, sicuramente la prima fase sarà intima e personale per poi approfittare delle collaborazioni in una seconda fase per chiudere il tutto. Di solito faccio sempre così».

Joe in un’intervista al nostro sito ha parlato del vostro rapporto in questi termini: “…voglio bene a Cesare, abbiamo passato tantissimo tempo assieme, abbiamo fatto delle cose importantissime dal punto di vista artistico, siamo maturati assieme, però non siamo mai stati effettivamente molto amici». Tu che ricordi conservi dell’esperienza coi La Crus e del rapporto con Joe?

«Alla fine ricordo solo le cose belle ed i momenti migliori, anche perché rispetto ad ora abbiamo vissuto insieme una bellissima fase della musica italiana. E’ vero, non siamo mai stati effettivamente molto amici, probabilmente non lo saremo mai, abbiamo una diversa concezione dell’amicizia. Abbiamo sempre dovuto vivere due ruoli che troppo spesso finivano per essere competitivi. Eravamo giovani, forse adesso io saprei gestirmi meglio il rapporto con lui e lui con me».

In pochi, meglio di te, potrebbero raccontare la scena rock italiana degli Anni Novanta e non solo. C’è da avere qualche rimpianto per il passato oppure è stato semplicemente sopravvalutato e mitizzato?

«Come ho detto prima i La Crus si sono trovati in quegli anni a fare quello che volevano fare ed essere apprezzati e premiati per questo. In più erano anni in cui si compravano ancora i dischi, si suonava e si vedevano i video clip in televisione, si facevano tanti concerti con tanta gente davanti. Avevamo una major che investiva su di noi più di quello che ritornava. Anche adesso succede tutto questo? Forse solo per alcuni e per generi musicali diversi da quello che facevano i La Crus».

La domanda sulla reunion dei La Crus è ormai un “must” per te. Però, allargando il campo, perché quel progetto, ancora oggi, è oggetto di così tanto affetto da parte del pubblico? Cosa avete fatto per meritarlo?

«Per quanto riguarda la reunion non saprei cosa dirti. Di sicuro vorrei che venisse fuori in maniera naturale una volontà a lavorare insieme; perché ad ognuno dei due deve mancare qualcosa dell’altro. Non si deve fare assolutamente per cercare di fare musica rifacendosi a quello che i La Crus sono stati, ma solamente se i La Crus vogliono fare musica con una predisposizione al presente o addirittura al futuro. I momenti migliori dei La Crus sono stati quelli in cui si faceva “Angela” di Luigi Tenco con i campionamenti degli Einstürzende Neubauten. Se dovessimo ritrovare quello spirito ci si potrà riunire. Credo che fosse quello che piaceva alla gente, non avevamo modelli a cui riferirci, o meglio, ne avevamo ma erano tanti e nessuno li aveva ancora messi insieme».

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