TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI Martin McDonagh
Davvero un bel film, con la giusta combinazione di alto e basso, cioè di intensità e di leggerezza. “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è un film che va oltre la bravura di un cast azzeccatissimo, e sa dare lustro a un genere da prendere sempre con le molle come la commedia nera. Il lavoro di Martin McDonagh nella scrittura e in cabina di regia è stato efficace a tal punto che in poco meno di due ore la pellicola riesce a trasmettere allo spettatore svariati stati d’animo senza mai perdere un briciolo della sua forza espressiva, anche quando si ride.
La trama. Ebbing, Missouri. Mildred Hayes (Frances McDormand) è una madre divorziata e con un figlio a carico, Robbie (Lucas Hedges, già visto in “Manchester by the Sea”). A circa un anno dalla morte dell’altra sua figlia, Angela, violentata e bruciata viva, si accorge quasi per caso che sulla strada che porta alla sua casa vi sono tre cartelloni pubblicitari in disuso. Decide di affittarli, comprando la licenza dall’agente pubblicitario Red Welby, e vi fa affiggere sopra tre frasi: “Stuprata mentre stava morendo”, “E ancora nessun arresto”, “Come mai, sceriffo Willoughby?”. I suoi concittadini hanno sempre compatito la situazione di Mildred, ma di fronte a quest’accusa esplicita in molti si ergono in difesa dello sceriffo Bill Willoughby (Woody Harrelson), membro stimatissimo e irreprensibile della comunità che tra l’altro, stando alle voci, soffrirebbe di un cancro in fase terminale. Fra questi vi è Jason (Sam Rockwell), un giovane poliziotto con problemi di violenza e di alcolismo, che vede in Bill una sorta di mentore, se non proprio di padre.
Il film di Martin McDonagh segue il solco tracciato dalla storia principale però è tanti racconti in un corpo solo. Il cast è di prim’ordine, ma a essere di prim’ordine è soprattutto la caratterizzazione perfetta dei personaggi, che risultano credibili, profondi, sinceri, deboli e forti. Frances McDormand è perfetta, Woody Harrelson crea forse uno dei migliori personaggi della sua carriera, ma è Sam Rockwell a dimostrarsi ancora una volta – l’ennesima – un grandioso talento, portando in scena un personaggio pieno di contraddizioni che accompagna minuto dopo minuto verso la redenzione. C’è spazio anche per Peter Dinklage, che appare in poche scese lasciando comunque una buonissima impressione.
In conclusione: un lavoro di assoluto spessore. Imperdibile.