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MAX ZANOTTI «Con Dj Myke tra i mille risvolti della vita e della morte»

Con Dj Myke si appresta a pubblicare un album che stupirà in positivo. Intanto perché è una collaborazione atipica quella tra il cantante, autore e produttore Max Zanotti e il “musicista del giradischi” Marco Micheloni, in arte Dj Myke. E poi perché in questo progetto dal nome Della Vita Della Morte, Zanotti porta il suo bagaglio artistico in territori nuovi, proprio al confine con la canzone d’autore.

 

Nuovo progetto, Max, ma non possiamo non partire dai Deasonika: come stanno?

«Stanno nel frigo, anzi, nel congelatore. Non è un capitolo chiuso definitivamente ma al momento non ci sono motivi per riaprirlo».

Si dice in giro che i rapporti fra di voi si siano incrinati parecchio…

«Ma sai, di cose in giro se ne dicono sempre tante e spesso a sproposito, giusto per alimentare polemiche o buttarla sul pettegolezzo. Quello che ti posso dire è che di recente ci siamo visti a cena ed è stata una serata piacevolissima».

E allora perché vi siete fermati?

«Perché non c’erano più l’alchimia e la voglia di prima, e quindi non ci è sembrato giusto proseguire. E’ stata una decisione onesta, sincera».

Il nuovo progetto sembra parafrasare – dal nome scelto – uno dei romanzi più popolari di Tiziano Sclavi, il papà di Dylan Dog. Un caso?

«Ce l’hanno fatto notare e mi fa piacere, ma non è stata una scelta voluta. Volevamo un nome che sintetizzasse in maniera didascalica gli obiettivi dell’album, ovvero parlare della vita e della morte delle persone, e non solo della morte fisica, ma anche di un certo tipo di società».

Con Myke la sintonia è stata immediata?

«Abbiamo tanti ascolti in comune, quindi la sintonia è stata facilissima».

Nel nuovo disco citi spesso Gesù e Dio. Credi?

«Credo ci sia un dopo, perché sarebbe deludente se finisse tutto così. Sono ottimista, ma oltre queste parole non saprei proprio dove andare a parare. Quello della Fede è un argomento che abbraccia troppe cose per racchiuderlo in un concetto di poche righe».

Soprattutto dopo i fatti di Parigi, la Fede e la religione sembrano gli argomenti del momento…

«Ovviamente sono dispiaciuto per ciò che è successo nei giorni scorsi, ma credo che i fatti di Parigi siano solo la punta dell’iceberg, sotto ci sono cose più grandi di noi, che neppure conosciamo. I reali motivi di certi gesti sfuggono alle persone “normali”, perché c’è tanto che si decide a livelli a noi inaccessibili».

Parliamo di cose più leggere. Tra pochi giorni si alzerà il sipario sul nuovo Festival di Sanremo. Tu che ricordi conservi dell’esperienza del 2006 coi Deasonika?

«Ricordi positivi, tutto sommato positivi».

Il Festival è utile?

«Il Festival è il tempio della musica leggera e allora preserviamo quella musica lì, parliamo per una settimana delle soubrette, degli ospiti stranieri, e a presentarlo ci sia ovviamente Pippo Baudo. Insomma, se trash dev’essere, che lo sia fino in fondo. Così evitiamo di dare in mano la bandiera della “modernità musicale” a gente che nulla sa dell’argomento. Provocatoriamente riesumiamo i Sanremo di una volta, quelli con Toto Cutugno. Lancio un appello – sorride – ridateci Toto Cutugno».

Sono contento di tutto ciò che ho fatto in carriera. Lavoro per portare la mia musica a quanta più gente possibile, ma non mi interessa la notorietà

Sanremo dà popolarità. Guardandoti indietro pensi di aver fallito qualche appuntamento con la notorietà?

«Sono contento di tutto ciò che ho fatto. Lavoro per portare la mia musica a quanta più gente possibile, ma non mi interessa la notorietà. Non mi sento triste e non mi sento appagato, sono sempre alla ricerca di cose nuove».

Quindi nessuna critica?

«Forse non ho mai capito davvero cosa vuole da me il pubblico, ma non sono un artista che va a cercare l’ascoltatore per arruffianarselo. Ovvio, questa mia libertà d’azione è una magnifica arma a doppio taglio: faccio quello che mi passa nella testa senza chiedermi cosa volete ascoltare ma magari qualcuno può perdere di vista il mio percorso. Già ho sentito chi ha bollato il nuovo album con Myke come un classico esempio di confusione artistica».

Ti senti confuso artisticamente, Max?

Sorride. «Assolutamente no».

L’ultima cosa che ti voglio chiedere è legata all’attualità. E’ un buon momento per fare musica, questo?

«Se l’intento è fare un disco perché c’è una ragione personale, per esprimersi attraverso una forma d’arte e per cantare l’emozione e vedere se si riesce a creare qualcosa di personale, allora direi che è un buon momento perché con Internet e grazie alla tecnologia si sono aperte tante strade. Se invece guardi i Talent e ti fai cullare dalle facili aspettative di successo, immaginandoti su chissà quali palchi nel giro di poche settimane, allora non sono così ottimista».

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