GIORGIO CANALI «Dopo le rivoluzioni musicali dei '60 e dei '70, ben poco di nuovo è arrivato nei nostri impianti stereo»
“Perle per porci” è il nuovo album di Giorgio Canali & Rossofuoco. Un disco di cover con canzoni che arrivano da decadi differenti. Ma parlare con Canali significa anche aprire orizzonti ampi sulla musica degli ultimi cinquant’anni, sulla politica, e sull’immutabile passione dei fans che continua a esistere attorno alla lunga stagione dei CCCP/CSI/PGR.
Alcune delle canzoni che hai scelto per il nuovo disco arrivano dall’ultimo decennio. E’ vero che è stato avaro di cose belle in ambito musicale oppure è soltanto un luogo comune? C’è chi sostiene che avendo partorito l’esplosione del rap, non è stato un decennio molto fortunato…
«Non so che dirti, credo che dopo le rivoluzioni musicali dei Sessanta e dei Settanta, ben poco di nuovo sia arrivato nei nostri impianti stereo. Forse il rap/l’hip hop e certa elettronica dei Novanta, ma queste cose, interessandomi di meno, le lascio fuori dal ragionamento. Credo che ci siano state poi, in Italia, rare realtà, più o meno isolate, e non vedo un calo di cose interessanti. Credo che l’errata impressione di “mancanza di novità” sia dovuta al fatto che, essendo più facile ed economico realizzare un prodotto finito, ora, c’è un mucchio enorme di merda attorno a quei rari (come sempre) episodi di spicco».
C’è altro?
«Beh, altro fattore da tenere in considerazione è la rete. Sai tutto di tutti subito, impossibile che si creino i miti dei decenni scorsi. Un mito diventa mito se c’è mistero, senza mistero ciaociao…».
Hai nostalgia per l’atmosfera elettrica degli Anni Novanta oppure siamo anche qui alle prese con un luogo comune e gli Anni Novanta andrebbe riconsiderati meglio?
«Ero già adulto nei Novanta e l’arrivo dell’ondata elettrica di grunge, noise, crossover e simili, l’ho letta come una riproposizione del rock elettrico del Settanta pre-punk. Alla fine fare rock’n’roll elettrico è sempre divertente e credo che sia come affermare che non te ne frega un cazzo delle tendenze».
Parliamo di politica, di quella politica che ci suggerisce ottimismo. Ma di quale ottimismo parla, secondo te?
«L’ottimismo di chi si prepara a far fare grandi affari ai suoi padroni su di una guerra inesistente che presto diventerà reale…».
Come hai vissuto gli ultimi attentati di Parigi? Alcuni sostengono che la Francia certe cose se le sia meritate dopo l’aggressione della Libia e la politica di Sarkozy…
«Perdonami, ma non riesco ad evitare di pensare ogni volta che succede una roba grossa: “A chi fa più comodo questo?”. Questa domanda la risolvo in una battuta di merda: “La dietrologia è l’unica scienza esatta“».
Perché ancora oggi c’è una larghissima fetta di pubblico che ha nostalgia per l’esperienza CCCP/CSI/PGR? Cosa ha seminato di così potente quella stagione?
«Credo che le nostalgie delle cose passate siano legate all’ottanta per cento alla gioventù: ami qualcosa che amavi da giovane perché sei invecchiato ed hai nostalgia di te da giovane. Poi c’è la nostalgia… indotta, quella misteriosa cosa che fa sì che un ventenne sia affascinato sino alla demenza da una figura come quella di Mussolini…».
Posso chiederti in che rapporti sei rimasto con Giovanni Lindo?
«Credo che alla fine, nonostante ci si veda poco, siamo molto amici. Il fatto di non vedersi poi, di sicuro, è d’aiuto. Io e Gio abbiamo sempre litigato di brutto ogni volta che si affrontavano argomenti etici e politici…».