Cinema2019

CAPTIVE STATE Rupert Wyatt

captive state

Captive State” è un film sugli alieni che nel tempo diventerà un sicuro cult, perché è diverso dai soliti cliché, è dark quanto basta per affascinare, ha uno sviluppo intelligente e un finale esplosivo. Ed è anche lento quel tanto che basta per consentire allo spettatore di familiarizzare con la psicologia dei personaggi. C’è ovviamente un prezzo da pagare: per lunghi tratti il film nasconde il suo sviluppo ed è un susseguirsi di piccole storie che sembrano senza senso, ma che fanno parte di un unico grande insieme, svelato nella seconda parte.

La trama. La Terra è governata dagli alieni ormai da diversi anni, dopo un’invasione. La popolazione è divisa tra chi accetta il presente e chi si oppone al governo alieno, organizzando una ribellione.

Gli alieni si vedono poco e sugli effetti speciali si è scelto di non calcare la mano. E’ la storia il vero motore della pellicola diretta (meravigliosamente) da Rupert Wyatt, una storia che spinge il film vicino alle spy stories da Guerra Fredda e allontana lo spettatore dal fantascientifico. Un tradimento voluto, perché in questo caso non ci sono buchi narrativi da chiudere usando l’espediente dell’effetto speciale, perché la trama è generosa di idee, tranelli e soluzioni.

John Goodman torna sul luogo del delitto (cioè a parlare di alieni) dopo l’ottima prova in “10 Cloverfield Lane” di qualche anno fa. Il suo personaggio (William Mulligan) ha molteplici sfaccettature ed è sufficientemente ambiguo per affascinare lo spettatore. Vera Farmiga (la prostituta Jane Doe) si conferma una Dea del grande schermo: appare poco ma riempie la scena con un personaggio carico di contraddizioni. Il resto del cast è di assoluto valore e livello; la fotografia è bellissima, il montaggio funzionale alla narrazione, le musiche di Andrew Groves danno il giusto apporto alla pellicola e il finale è tutto da scoprire. Insomma, uno dei migliori film di questo 2019.

Review Overview

SCORE - 8

8

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