PATAGONIA Simone Bozzelli
Mentre scriviamo questa recensione, pare che “Patagonia” abbia incassato circa 30 mila euro ai botteghini in queste prime settimane di proiezione: un buon risultato considerando l’assenza di marketing, una miseria se invece come metro di giudizio utilizziamo la qualità dell’opera. Il consiglio pertanto – a te che leggi questa recensione – è di evitare il solito film italiano con Favino oppure la solita carnevalata americana e di puntare dritto dritto su questo gioiellino italiano che parla di libertà e prigione, di ingenuità e iniziazione alla vita adulta, di sentimenti in maniera originale, senza retorica e non esasperando le buone intenzioni.
La trama. Nonostante abbia una ventina di anni, Yuri viene trattato come un bambino dalle zie con cui vive in un paesino sulla costa adriatica dell’Abruzzo. Sarà l’incontro con Agostino, l’animatore che viene a lavorare a una festa per il cugino piccolo, a far scattare qualcosa in lui.
Andrea Fuorto e Augusto Mario Russi sono due protagonisti azzeccati: il primo forse meglio del secondo solo per una capacità recitativa più interessante, ma in termini di espressività e credibilità, entrambi mettono tanto del loro al servizio di questo film di Simone Bozzelli che è senza dubbio fra le cose più belle viste al cinema – in ambito italiano – quest’anno.
Il finale è agrodolce e va interpretato perché si è scelta la strada più tortuosa rispetto a una soluzione più didascalica, ma non toglie nulla alla qualità dell’opera che ha il coraggio di non rivolgersi solo a un pubblico giovane – in scena ci sono dei giovani – ma guarda a un pubblico più ampio alla ricerca di belle storie da ricordare.