GLI INDIFFERENTI Leonardo Guerra Seràgnoli
“Gli indifferenti” porta in dote due notizie. La prima: c’è ancora vita nel cinema italiano. La seconda: si può ancora fare un film ambientato a Roma senza parlare romano e senza la solita cricca di attori sopravvalutati a imperversare. Insomma, due notizie mica da poco per una scena artistica che negli ultimi anni è diventata autoreferenziale al massimo.
Questo “Gli indifferenti” spalanca le finestre e fa entrare aria pulita, fresca. E ci dice anche che – nonostante il film sia un adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Alberto Moravia – c’è una buona dose di originalità guardando al montaggio, alla regia di Leonardo Guerra Seràgnoli, alla fotografia, alla resa degli attori in scena.
La trama. Roma, quartiere Parioli. La famiglia Ardengo, composta dalla vedova Maria Grazia e dai suoi due figli Michele e Carla, versa in uno stato di precarietà economica. Negli ultimi tre anni il manager Leo, amante di Maria Grazia, ha offerto alla donna dei prestiti per ripagare alcuni debiti e continuare a condurre la vita agiata di sempre; il reale obiettivo di Leo, però, è l’ultimo bene rimasto agli Ardengo, ovvero il loro lussuoso attico.
Il personaggio di Valeria Bruni Tedeschi è sfuggente, impalpabile ma anche catalizzatore di quasi tutti i meccanismi della pellicola. L’attrice è brava a stare sulla linea di confine: né troppo dramma, né troppo macchietta. E alla fine la sua Maria Grazia ne guadagna in credibilità. Il “villain” è Edoardo Pesce, che continua ad avere una crescita esponenziale sul grande schermo. Ormai non è più solo l’attore di “Romanzo Criminale”, ma il suo percorso ci sta piacendo parecchio. Nei ruoli minori i bravissimi Vincenzo Crea e Beatrice Grannò. E anche una Giovanna Mezzogiorno in grande evidenza, a conferma che quando il ruolo è quello giusto, non servono tante battute per colpire il bersaglio.
Insomma, un film serio, drammatico, fieramente italiano e dal taglio europeo. Una bella sorpresa.