HIS HOUSE Remi Weekes
Scritto e diretto da Remi Weekes, al suo esordio alla regia, “His House” è un horror che ha diverse valide idee. Infatti tolto il finale (buona l’intuizione ma pessimo lo sviluppo), il film si muove bene e mette in mostra una narrazione di qualità. Facile trovare dei punti di contatto con l’immaginario di Jordan Peele, anche se la strada per raggiungere un livello superiore è ancora parecchio lunga per Weekes. Diciamo che ha messo un mattoncino.
La trama. Rial (Wunmi Mosaku) e Bol (Sope Dirisu) sono una coppia di migranti sudanesi che hanno dovuto affrontare un’esperienza terribile pur di scappare dal Sudan ed emigrare nel Regno Unito. Rol un tempo era un bancario, tuttavia i cambiamenti nell’assetto politico hanno costretto la coppia a fuggire via per assenza di lavoro, e durante il viaggio i due hanno perso la loro figlia, morta durante un naufragio. Dopo essere stati posti in un centro d’accoglienza, ai due viene assegnata una casa in cui dovranno trascorrere del tempo di prova rispettando delle regole e cercando di integrarsi con le persone del luogo.
La prova dei due protagonisti è discreta e senza sbavature, bello vedere nel cast (anche se in un ruolo secondario) Matt Smith, il principe Filippo di Edimburgo nelle prime due stagioni della serie “The Crown”. Regia, fotografia e montaggio strappano una onorevole sufficienza.
I mostri sono un po’ stereotipati (grave errore) ma più che un horror in senso classico, “His House” è un film dove sono i sensi di colpa a dominare la scena. Apprezzabile il tentativo di trattare temi impegnativi come il razzismo, i flussi migratori e la periferia britannica senza banalizzare.
Nel complesso, un buon esordio.