I MISERABILI Ladj Ly
Ci sono film che arrivano al successo per motivi oscuri. Il caso de “I Miserabili” è emblematico, perché l’opera di Ladj Ly si muove – nelle intenzioni – sullo stesso piano del mai celebrato abbastanza “L’odio” ma risultando più misera nei contenuti. Eppure ha fatto incetta di premi fra statuine e candidature, da Cannes agli Oscar. A noi sinceramente è apparso come qualcosa di inutile – chi ha voglia di sbirciare la banlieue parigina ha sempre il film di Kassovitz a disposizione.
La trama. Stéphane (Damien Bonnard), un agente di polizia che si è recentemente trasferito a Parigi e si è unito alla brigata anticrimine, la BAC, è stato incaricato di lavorare con il leader della squadra Chris (Alexis Manenti) e il brigadiere Gwada in servizio nella vicina città di Montfermeil. Chris abusa spesso con arroganza del suo potere sugli adolescenti, con Gwada compiacente di quell’abuso; sentendosi a disagio, Stéphane non interviene. Nel frattempo Issa, un noto baby delinquente, ruba Johnny, un cucciolo di leone, da un circo. Il suo proprietario, Zorro, si reca da un uomo noto come “il Sindaco” e minaccia di tornare con le armi se Johnny non verrà restituito. Chris e il suo squadrone si mettono alla ricerca del cucciolo.
Il cast non è granché, complice l’idea di stereotipare al massimo i personaggi: c’è il poliziotto buono, l’esaltato e quello che è una via di mezzo propenso alle cazzate. L’innesco della trama, cioè il furto del cucciolo di leone, è abbastanza ridicolo, la regia di Ladj Ly è appena sufficiente e il finale è meno peggio delle attese, diciamo perfetto per un pubblico da festival del cinema. In conclusione: un’opera destinata a scomparire dai radar in poco tempo.